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Stanno tutti bene - Everybody's Fine
Dall’Italia all’America, da Tornatore a Kirk Jones, da Marcello Mastrianni a Robert De Niro. La moda del remake tocca stavolta ad uno dei film italiani forse meno popolari, ma comunque apprezzabili degli anni ’90. "Stanno tutti bene" cambia di destinazione, non più il vecchio stivale, ma l’immenso spazio americano, ma la dinamica narrativa resta la stessa. Un padre da poco vedovo e in pensione decide di attraversare il Paese per andare a trovare uno ad uno i suoi quattro figli ormai adulti e vedere come vanno le loro vite. Ciò che scopre è un insieme di esistenze non felici, almeno non come vorrebbero fare credere al vecchio genitore.
Per dovere di cronaca, facciamo subito il paragone con l’originale italiano. Il film di Tornatore era molto più malinconico. Nel viaggio del protagonista siciliano per il resto dell’Italia, si raccontava sia la difficoltà dell’individuo comune (i figli) nel trovare il proprio equilibrio in una società sempre più in continuo cambiamento dove i concetti di famiglia e successo stavano cambiando radicalmente rispetto al passato, che la solitudine di un anziano distrutto dalla solitudine di un’epoca che non aveva più tempo per comunicare. In questa versione con Robert De Niro, il racconto affonda meno le proprie radici nel mondo di oggi, non si propone di simboleggiare un decennio, ma si limita all’aspetto intimista e drammatico della vicenda. Si soffre per lui e basta, con Marcello Mastrianni soffrivamo invece per un’intera generazione e popolo costretti a sempre maggiori delusioni future. L’ambizione è minore, ma non per questo si può parlare di un brutto film. Nonostante i suoi limiti e una certa scontatezza nella costruzione sia delle emozioni che del messaggio finale, la pellicola riesce ad appassionare. I valori che emergono, l’unità dei figli pronti l’un l’altro a darsi una mano per proteggere il papà dalle sofferenze o la sincerità dell’autoanalisi del genitore sugli effetti della sua educazione, travalicano il grande schermo e toccano la sensibilità dello spettatore. E’ vero che tutto è un po’ didascalico e forse furbo, ma le interpretazioni di tutto il cast, a partire logicamente da Robert De Niro, danno la giusta umanità e credibilità ai personaggi. A livello registico, Kirk Jones prova a riproporre alcuni degli spunti più originali del film italiano, come i flashback e l’onirismo, ma i suoi sembrano tentativi non accompagnati dalla giusta ispirazione, semplici scimmiottamenti. Quando la narrazione è cronologica, l’americano ha invece il merito di renderla fluida e gradevole. Il risultato è un buon film drammatico, di quelli che si possono vedere una sera di Natale pensando che, nonostante tutto, sia anche bello stare, almeno ogni tanto, con i propri cari.
La frase:
(il genitore rivolto alla moglie):
- "Se tu dovessi chiedermelo, io dovrei rispondere in tutta onestà che stanno tutti bene. Stanno tutti bene".
Andrea D'Addio
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