E se vivessimo tutti insieme?
Una piccola "comune" urbana di anziani francesi studiata da un giovane etnologo tedesco. Sì, perchè l'università la trova "di tendenza", e così "E se vivessimo tutti insieme?" guarda con delicato sorriso all'allungamento delle prospettive di vita e al conseguente invecchiamento della popolazione. Risultati medici strappati, bambini all'uscita di scuola osservati con tenerezza dalla finestra, la radio che sta dando notizie sulla crisi economica spenta, una malinconica collezione di fotografie in bianco e nero di nudi artistici di giovani donne, un intervento al megafono contro lo sgombero di un presidio di richiedenti asilo da parte della polizia: questo il quadro che presenta i cinque protagonisti i quali, davanti alla prospettiva di una casa di riposo con ospiti davanti alla TV e immortalati in espressioni di sofferenza, prendono l'insolita decisione.
Proveniente dalla pubblicità, programmi televisivi e documentari, di questo suo secondo lungometraggio di finzione Stèphane Robelin cura sceneggiatura e regia. Con infarti passati, perdita della memoria, gravi malattie incurabili, i personaggi portati in scena da un affiatato gruppo di vecchie glorie hanno quella serena consapevolezza che permette anche di superare il dilemma tra viagra e rischi cardiaci. Risolte poi le questioni organizzative rispetto alle personali attitudini collettiviste e libertarie, la quotidianità si dipana giocando a carte e a bocce, facendo la maglia e scherzando come ragazzacci. Attraverso episodi divertenti e qualche accenno di seduzione, nella convivenza escono fuori segreti tra persone che si vogliono bene da sempre e che hanno in comune più di quanto credano.
E un "ho vissuto bene", una bara colorata, calici di champagne, una tomba sotto un pergolato fiorito avvia ad un poetico, commovente finale in cui chiamare tutti insieme una figura cara che non c'è più.
La frase:
- "Perchè non hanno arrestato me?"
- "E' più facile prendersela con i giovani".
a cura di Federico Raponi
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