E' nata una star?
Cosa succede se una vicina di casa pettegola fa trovare nella buca delle lettere di una madre di famiglia, accompagnato da un biglietto, il dvd di "Dr. Trombhouse", interpretato a sua insaputa dal giovane figlio?
Se la madre di famiglia in questione è Luciana Littizzetto, di sicuro un qualcosa che rimane imbarazzante e tragico soltanto nella finzione scenica, volto in maniera esclusiva a regalare divertimento al pubblico, tanto più se il marito della donna ha i connotati di Rocco Papaleo.
Tra equivoci e imprese da imbranato in cui si trova spesso coinvolto quest’ultimo (ottimo come di consueto), infatti, le ripercussioni portate nell’ambito familiare dall’inaspettata visione casalinga vanno dallo stupore nei confronti delle "notevoli dimensioni" del ragazzo, con le fattezze del Pietro Castellitto figlio dell’attore-regista Sergio, alle varie ricerche effettuate per capire cosa si nasconda dietro alla scelta di diventare pornostar.
Ed è dalle prime settanta pagine di "E’ nata una star" di Nick Hornby – autore già fonte d’ispirazione, tra gli altri, per "Febbre a 90°" (1997) di David Evans e "About a boy - Un ragazzo" (2002) di Chris e Paul Weitz – che prende spunto il lungometraggio diretto da Lucio Pellegrini, il quale aveva già avuto modo di lavorare con la protagonista nella sua opera d’esordio "E allora mambo!" (1999).
Lungometraggio che, toccando con ironia la tematica del comune cittadino improvvisamente ritrovatosi nell’universo delle luci rosse, va in un certo senso ad affiancarsi a poco noti esempi d’oltreoceano quali "Orgazmo" (1997) di Trey Parker e "Bucky Larson - Born to be a star" (2011) di Tom Brady, strappando risate soprattutto nel corso della sua prima parte.
Per il resto, sorvolando sulla prova di Castellitto jr, del tutto da dimenticare, pur offrendo un’ora e mezza circa che si lascia guardare più piacevolmente rispetto alle due precedenti commedie pellegriniane "Figli delle stelle" (2010) e "La vita facile" (2011), l’insieme sembra mancare in parte il bersaglio.
Complici una Littizzetto poco credibile nei risvolti malinconico-drammatici e il non troppo chiaro epilogo di una vicenda che, almeno, avrebbe necessitato di sviluppare meglio l’accennato discorso sulla necessità economica destinata a condurre i giovani sulla tanto facile quanto squallida strada dell’hard nell’Italia d’inizio XXI secolo.
La frase:
"Nostro figlio ha il coso più grande che io abbia mai visto".
a cura di Francesco Lomuscio
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