Dune
Dall’Alejandro Jodorowsky de "La montagna sacra" a Ridley Scott, non pochi furono i candidati a trasporre su celluloide, sotto produzione De Laurentiis, il noto romanzo fantascientifico di Frank Herbert.
Alla fine, toccò a David Lynch, reduce dallo splendido "The elephant man" (1980) e ancora lontano dalle incomprensibili masturbazioni mentali di "Inland empire-L’impero della mente" (2006), raccontare la lotta scatenatasi nel 10191 tra la casa Atreides e la Harkonnen per il controllo del desertico pianeta Arrakis, anche conosciuto come Dune, unico nell’universo in cui si trova il melange, preziosa e vitale spezia capace di allungare il corso della vita, di aumentare la conoscenza e di permettere ai membri della Gilda spaziale di spostare istantaneamente qualsiasi oggetto attraverso la galassia.
E, illuminate dalla bella fotografia del premio Oscar Freddie Francis, sono sicuramente le creature realizzate dal nostro Carlo Rambaldi – comprendenti anche dei vermi giganti che sembrano anticipare in un certo senso quelli protagonisti di "Tremors" – uno dei punti di forza dell’operazione, influenzata con ogni probabilità dal precedente "Guerre stellari" per quanto riguarda scenografie e costumi, ma tramite la quale l’autore di "Velluto blu" (1986) non sembra strizzare l’occhio al pubblico delle famiglie, introducendo piuttosto momenti horror e puntando, in maniera quasi teatrale, più sulla performance del cast che sugli effetti speciali genera-stupore.
Cast decisamente valido comprendente, tra gli altri, una Sean Young post-"Blade runner" (1982), la bella Virginia Madsen, l’ex esorcista dello schermo Max von Sydow, la nostra Silvana Mangano, il musicista Sting, il veterano José Ferrer, il caratterista Brad Dourif e, soprattutto, l’allora esordiente Kyle MacLachlan, in seguito rivisto su diversi set lynchani.
Tutti al servizio di un visivamente affascinante fanta-kolossal che, oggetto anche di un rifacimento televisivo firmato nel 2000 da John Harrison e interpretato da William Hurt, si trova però a dover fare i conti con la complessità del plot, ulteriormente penalizzato da eccessivamente lenti ritmi di narrazione (oltretutto, stiamo parlando di circa 131 minuti di visione).

La frase: "Il principio è un periodo di delicati equilibri".

Francesco Lomuscio

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