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Dog Sweat
Dog sweat, o "sudore di cane" è il nome che ha l’alcool illegale acquistato di contrabbando in Iran. Come è noto, la legge che regola l’osservanza della moralità in Iran è molto severa su molti punti, incluso il consumo di alcol. In un certo senso questa pellicola di Hossein Keshavarz, presentata nel Festival del cinema di Roma del 2010 si potrebbe definire come "Dog Sweat". Questo perché il film è stato girato in totale clandestinità. Non sono state chieste autorizzazioni per effettuare riprese su suolo pubblico, non sono stati richiesti (evidentemente) finanziamenti pubblici né sono stati ottenuti visti per la censura. La ragione è evidente già dopo i primi minuti di questa pellicola. In questo film sono presentate le storie di sei giovani iraniani alle prese con i loro problemi quotidiani. In tutta evidenza Dog Sweat nasce da un bisogno, il bisogno di rappresentare la società iraniana di oggi come è in realtà, nelle sue profonde contraddizioni e nel bisogno vibrante di una gioventù che vuole - semplicemente - vivere. Circa il novanta per cento delle attività che compaiono in questo lavoro cinematografico sono illegali o moralmente riprovevoli. Si passa dal consumo di alcolici all’omosessualità (appena accennata ma evidente); dal dilemma di una ragazza che vorrebbe solo cantare fino all’adulterio e al rifiuto della religione ufficiale. C’è dunque più di un elemento per passare guai seri. In un segmento di Dog Sweat ci sono due personaggi che parlano della realizzazione di un possibile film. Uno dice: vorrei mostrare la società come è oggi, non vorrei andare nuovamente a girare in qualche villaggio sperduto per mostrare quell’Iran rurale da cartolina. Questo non è tanto un divertissement estetico, ma un atto politico vero e proprio, il manifesto di un nuovo cinema che possa affrontare i problemi del paese in maniera diretta e a viso aperto, lontano dai bizantinismi alla Kiarostami. Per carità, di sicuro il regista di questo film apprezza molto il maestro iraniano Kiarostami, ma quello che viene invocato è un superamento benefico, forse un motore che possa mutare un giorno la società. Il fatto che il film è stato girato in clandestinità potrebbe indurre a pensare a una certa sciatteria nella messa in scena. Niente di più sbagliato.
Le immagini hanno una grandissima qualità, sia in quanto a chiarezza sia nella fotografia. Questo già da sé è un risultato incredibile. Il monito all’occidente sembra poi evidente. Basta contare il numero di attività che noi diamo per scontate e che per loro sono proibite.
La frase: "Il Johnny Walker con l’etichetta blu è meglio di quello con l’etichetta rossa".
Mauro Corso
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