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Doctor StrangeLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio25 ottobre 2016Voto: 6.0
Se nel corso dei titoli di coda vi è un’ultima sequenza con un’ospite a sorpresa, rimanete seduti in sala ad attendere il loro termine per scoprirne, addirittura, un’ultimissima in questa trasposizione cinematografica delle avventure del Signore delle arti Mistiche Stephen Strange, introdotto per la prima volta sulle pagine dei fumetti Marvel nel 1963.
Praticamente, quindici anni prima che Peter Hooten gli concedesse anima e corpo in un lungometraggio televisivo a firma di Philip DeGuere Jr., rivelandosi l’antenato del candidato al premio Oscar Benedict Cumberbatch qui impegnato ad incarnare, appunto, il neurochirurgo di fama mondiale per il quale il dolore è un vecchio amico, destinato a veder cambiare la propria vita dopo che un terribile incidente automobilistico lo priva dell’uso delle mani.
Incidente automobilistico che avviene poco dopo la sua entrata in scena – in compagnia dell’amica e collega Christine Palmer alias Rachel McAdams – a seguito di un’apertura all’insegna dell’azione, in cui, invece, vediamo immediatamente coinvolto il malvagio Kaecilius con le fattezze del Mads Mikkelsen di “Casino Royale”.
Tutte situazioni che anticipano il momento in cui lo scettico e materialista protagonista, da sempre riluttante nei confronti della magia e del misticismo, si trova costretto – considerata l’incapacità da parte della medicina tradizionale di guarirlo – a cercare una cura in una misteriosa enclave nota come Kamar-Taj, in verità prima linea di una battaglia contro invisibili forze oscure decise a distruggere la nostra realtà.
Ed è da qui che, complice l’incontro con la saggia ed enigmatica figura di Antico e del suo apprendista Mordo, ovvero Tilda Swinton e Chiwetel Ejiofor, apre la propria mente per accettare l’esistenza di un piano dimensionale superiore e scegliere se fare ritorno alla vita agiata o difendere il mondo e diventare il più potente stregone vivente.
Senza contare Wong, custode della vasta biblioteca del Kamar-Taj interpretato da Benedict Wong; man mano che la oltre ora e cinquanta di visione si presenta piuttosto fedele ai racconti della carta disegnata, che mescolavano la scienza occidentale al misticismo orientale, lasciandosi intendere in qualità di riflesso di un periodo in cui la mentalità della gente comune iniziava ad allargarsi.
Oltre ora e cinquanta di visione che, fornita di immancabile cameo per il genio marveliano Stan Lee, riserva, ovviamente, la sua prima parte all’apprendimento delle origini del supereroe e della maniera in cui entra in possesso dei suoi poteri, per poi concedere non poco spazio all’alta spettacolarità e agli scontri corpo a corpo, guardando probabilmente a “Matrix” e “Inception”.
Scontri comprendenti, tra l’altro, quello con lo Strong Zealot dai connotati di Scott Adkins mentre Strange si trova con il corpo in fase di rianimazione; rientrante tra le sequenze che non possono fare a meno di testimoniare la provenienza dall’horror del regista Scott Derrickson, autore di “The exorcism of Emily Rose” e “Sinister”.
Uno Scott Derrickson che, senza dimenticare l’indispensabile ironia, privilegia il movimento nello strutturare una vicenda atta oltretutto a metterci al corrente del fatto che gli Avengers difendono il mondo da pericoli fisici e gli stregoni da minacce più mistiche.
Delineando un cinecomic non disprezzabile, ma che, infarcito di consueto tripudio di effetti visivi, tende in diversi momenti a cadere nella morsa della fiacchezza a causa di una forte teatralità generale – come avvenuto in diversi titoli di questi anni Dieci appartenenti alla stessa categoria – conferita non solo dall’abbondanza di interni, ma anche e soprattutto dalla concentrazione della macchina da presa sulle performance degli attori e i loro dialoghi da esibizione drammatica sul palco.
La frase dal film:
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