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Diverso da chi?
Ho il furore d'amare. Il mio debole cuore è pazzo.
Non importa quando, né importa chi o dove,
che un lampo di bellezza, di virtù, di valore
splenda, subito vi si precipita, vola, si lancia,
e, nel tempo d'un abbraccio, cento volte bacia
l'essere o l'oggetto che la sua scelta insegue;
Così scrive, nelle prime righe, Paul Verlaine nel 1988 in "Ho il furore di amare", poesia dedicata al suo compagno scomparso cinque anni prima, Lucien Létinois. “Non importa chi” ci dice, perché l’amore per alcuni non ha vincolo di sesso, si rivolge alle persone al di là di quella che è la loro sessualità. Il titolo della prima regia di Umberto Carteni, "Diverso da chi?", ribadisce proprio questa considerazione: l’amore non ha limiti né convenzioni. E siccome nella parte migliore della società di oggi, quella che per fortuna non si interroga più sulle scelte private d’amore che taluni operano, ponendosi al di fuori da quella che altri considerano "normalità", anche l’essere omosessuale rischia di diventare una tipologia definita di tipo umano, l’allontanarsi anche da questo stereotipo, come succede al protagonista del film, fa porre la domanda del titolo.
Ma bando alle ciance e alle divagazione filosofiche e dalla sintassi complicata. "Diverso da chi" è una bella commedia. Satirica nella sua prima parte, perfetta nelle delineazioni delle strategie e dei personaggi politici, più virata all’aspetto sentimentale, ma non per questo meno divertente, nel restante. Lo sceneggiatore Fabio Bonifacci e il regista Umberto Carteni, raccontano una vicenda ad alto rischio macchiette e banalità, data la delicatezza del tema, trovando invece il giusto registro narrativo, rimanendo credibili e simpatici anche di fronte le svolte narrative più ardite. La storia di questa strana coppia politica e poi sentimentale, di un aspirante sindaco dichiaratamente gay cui viene affiancato come vicesindaco una novella Binetti, tutta casa e chiesa seppur di centrosinistra, scorre per i suoi cento minuti circa divertendo con moltissime battute ad effetto (da "Qui dal ’48 si vince solo con tre parole. Centro, centro, centro" a "Di solito i centristi parlano di famiglia e poi vanno a puttane", passando per il "Muro delle libertà"), riuscendo comunque a parlare, senza morbosità, di un intenso amore: quello che lega Piero sia ad Adele che, soprattutto, a Remo. Merito va dato anche al brillante cast: non solo i tre protagonisti, Luca Argentero, Claudia Gerini e Filippo Nigro si confermano tre bravissimi attori, forse, e tutti e tre per ragioni diverse, non completamente sfruttati o apprezzati per i loro reali meriti (chi comunque viene da un reality, chi purtroppo, a parte i lavori con Verdone, non riceve forse i copioni che meriterebbe e chi ancora non è famoso al grandissimo pubblico, ma non sbaglia un colpo), ma anche i ruoli di contorno sono rivestiti da grandi professionisti del sorriso come Francesco Pannofino, Antonio Catania e Giuseppe Cederna. Mai sottovalutare quanto possano dare anche i ruoli, così detti, di secondo piano ad una commedia, la differenza tra film come "Diverso da chi?" e altre, troppe recenti commedie, purtroppo italiane, che non divertono né riescono a dare qualche spunto di riflessione, si vede anche da questo. L’impressione definitiva è che non solo "Diverso da chi?" sia un film da vedere, capace di parlare delle problematiche di oggi senza scadere in considerazioni ovvie o populiste, ma anche un sano intrattenimento godibile da qualsiasi tipo di pubblico (basta che non sia bigotto). La partnership produttiva e distributiva tra Cattleya e Universal si rivela quindi riuscita, dopo il buon esordio di "Lezioni di cioccolato", mentre in generale si può forse parlare finalmente di un buon cinema italiano popolare e intelligente, forse esportabile, sicuramente dal piglio europeo: "Diverso da chi?" va ad affiancarsi a gradevoli pellicole come "Notturno bus", "Amore bugie e calcetto", "Solo un padre", "Non pensarci" e il già citato "Lezioni di cioccolato". Speriamo non sia solo un fuoco di paglia.
La frase:
- "Ora questo se vinciamo ci tocca farlo minimo assessore..."
- "Non ti preoccupare, gli diamo qualcosa di poca importanza, tipo cultura, istruzione, quelle cose lì..."
Andrea D'Addio
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