Dante 01
Spazio profondo, futuro imprecisato: la stazione orbitante Dante 01 ospita una buona mezza dozzina di spietati criminali senza possibilità di recupero e altrettanti tecnici pronti ad adoperarli come cavie.
Sono infatti gli esperimenti più atroci quelli che vengono condotti consensualmente su questi soggetti apparentemente inermi, esposti ad iniezioni letali e mappature genetiche misteriose... finché fuga non sopraggiunga. Il precario equilibrio mantenuto con ferocia tra i prigionieri, agli ordini di César (Dominique Pinon, feticcio di Jean-Pierre Jeunet), viene infatti sconvolto dall’arrivo dell’indecifrabile Saint George (Lambert Wilson, a suo tempo il Merovingio dei fratelli Wachowski), isolato lassù per ragioni troppo grandi da poter essere banalmente intuite: finché, al susseguirsi di atti di violenza reciproca in crescendo, non sembrerà essere troppo tardi per qualsiasi salvezza.
Il regista Marc Caro, ombra di Jeunet già in "Delicatessen" e in "The city of lost children", prosegue il suo percorso dark in bilico tra la fantascienza classica e le derive filosofico-messianiche più o meno recenti. Si tratta indubbiamente di un’opera d’autore ricca di simbologie e rimandi mai del tutto palesati, con un proprio particolarissimo senso estetico al limite della claustrofobia. Caro dirige con stile un cast sicuramente capace districandosi nel suo non solidissimo script senza eccessive sbavature, con un occhio alla Commedia dantesca - il lavoro è articolato in Gironi infernali, ma si arresta bruscamente nel conteggio - e uno ai vari "Alien" o "Matrix" prima maniera. I crani rasati dei protagonisti, simili eppure tanto diversi nelle pulsioni e nelle turbe profonde, emergono minacciosi dal buio e si nascondono negli angoli ciechi del circuito interno di videosorveglianza, debitamente alternato alle riprese.
Il patto stipulato sin dalle prime immagini con lo spettatore, come in ogni film di genere che si rispetti, è quello di lasciare la razionalità fuori dalla sala. Si assisterà quindi a tutti gli stilemi del caso, dal rollio interstellare alle panoramiche dell’adiacente pianeta infuocato, dalla retorica sull’Eletto allo stato di trance semiperenne, dalle visioni oniriche agli esserini tentacolari. La sensazione è che una serie impietosa di tagli in fase di montaggio, unitamente a qualche ipotizzabile problema di distribuzione/produzione e ad un marketing assente, non abbiano certo aiutato nel valorizzare e promuovere un oscuro gioiellino cult come questo, né in patria né - a quanto ci risulta - altrove. Peccato.

La frase: "Se aspiriamo alla luce, dobbiamo imparare ad allontanare le ombre".

Domitilla Pirro

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