Crush
Un giovane giornalista (Aleksandr Yazenko) inviato a raccogliere testimonianze relative ad alcuni lavori di manutenzione delle tubature contestati, una ragazza (Karolina Gruszka) proveniente dalla Polonia, un solitario calzolaio (Ivan Dobronravov), un ragazzo (Yurij Chursin) che lavora per il ristorante "Il gambero d’oro" e un eschimese (Karim Pakachakov) in un manicomio su un’isola.
Sono i protagonisti dei cinque cortometraggi che, esplorando le declinazioni del verbo "amare" nel vocabolario russo, finiscono per delineare il ritratto collettivo di una nuova generazione di cineasti sovietici, da Boris Khlebnikov ad Aleksei German Jr, passando per Ivan Vyrypayev, Pyotr Buslov e Kirill Serebrennikov.
Quindi, un’esperienza simile a quella già tentata nel 1995 tramite "L’arrivo del treno", il quale riuniva i giovani registi di allora, con l’amore qui raccontato che, tra edifici di periferia, fiumi e piazze rosse, non è più quello romantico e idealista della Grande Madre Russia, ma quello schizofrenico e postmoderno del nuovo paese di Putin.
Cinque apologhi bislacchi, surreali, drammatici e divertenti, il primo dei quali sembra in parte ispirarsi a Jean-Luc Godard, sia in alcuni passaggi di montaggio alla "Fino all’ultimo respiro" che in situazioni che ricordano vagamente "Due o tre cose che so di lei", seguìto da un secondo che sfrutta in maniera quasi esclusiva la soggettiva della videocamera impugnata dalla protagonista.
Per poi passare al terzo, forse il migliore della cinquina, il quale, con dialoghi ridotti all’osso, numerose inquadrature di piedi e scarpe che lasciano quasi intravedere un certo feticismo e un risvolto altamente drammatico, anticipa un folle tassello caratterizzato da momenti da videoclip e non poca violenza mescolata all’ironia.
Fino alla grigia e triste atmosfera conferita dalla bella fotografia al quinto short, posto in coda ad un’apprezzabile operazione che, a differenza di buona parte dei prodotti cinematografici provenienti dall’immensa nazione, scorre via senza troppa fatica, presentando una Mosca che può essere romantica come Parigi e insegnando in che modo si dice "amore" in russo.

La frase: "Basta, ragazzi, basta, i tempi della comprensione reciproca sono passati".

Francesco Lomuscio

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