Close to home
Storie di donne in pattuglia nella Gerusalemme di oggi. Poliziotte che controllano ai varchi donne arabe che attraversano Gerusalemme, che fermano ed indentificano i passanti che sembrano arabi, e che sono costrette a far osservare regolamenti che sembrano incomprensibili quando non addirittura assurdi. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: Vicino Casa non è un film apertamente politico o di denuncia, perché il suo intento consiste più che altro nel raccontare la vita quotidiana di queste guardie di confine, che rischiano la vita o che a volte rifiutano di mancare di rispetto ad attempate donne arabe, di passaggio solo per lavoro.

La storia è incentrata sulle piccole vicende di Mirit e Smadar, che piuttosto che alla pattuglia preferisce pensare ai ragazzi, piuttosto che a un gelato o all'acquisto di un cappellino nuovo. Perché inconsciamente rifiutano lo stato quasi permanente di guerra che aleggia in quelle terre, volendo trovare il tempo per vivere, per amare e per essere amici. O nemici. Perché il rapporto tra Mirit e Smadar è conflittuale, le due ragazze non riescono a comprendersi, la prima desidera un trasferimento per poter stare lontana da casa, la seconda è già lontana da casa e soffre di nostalgia. Ed è proprio questo il tema del film la distinzione tra quello che è vicino e quello che è lontano, tra quello che è accettabile e tra quello che può avere effetti devastanti per le due protagoniste. Perché l'universo in cui Mirit e Smadar si muovono è per certi versi assurdo ed incomprensibile, e durante lo svolgimento della narrazione si inanellano tanti piccoli aneddoti, a volte divertenti, più spesso tragici che forse sono accaduti. Ma che in ogni caso potrebbero accadere, ogni giorno. Il dilemma dei personaggi è che la semplice volontà di vivere non insegna "come" vivere, e ciascuno si trova ad effettuare scelte sufficientemente ambigue da impedire la semplice catalogazione nel giusto o nello sbagliato. E anche il burbero capitano che comanda questa piccola pattuglia di confine (anch'essa una donna) non è esente da questa considerazione.

In definitiva si tratta di un film molto interessante, pur se raccontato in maniera unilaterale, e cioè dal punto di vista unicamente israeliano. Ma anche questo aspetto è puramente funzionale alla vicenda narrata, e ogni spettatore dotato di un minimo di accortezza potrà trarre da sé le proprie conclusioni su quanto sia dura anche per gli arabi la vita di confine.

La frase: "Credo che tu ti sia affezionata a me".

Mauro Corso

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