Aiuto vampiro
La saga di Harry Potter si avvia alla conclusione e urge trovare nuovi personaggi in grado di portare con costanza gente al cinema.
Memori del successo dei vampiri di "Twilight", ad Hollywood hanno pensato bene di sfruttare quella strana attrazione che lega il mondo giovanile a personaggi tormentati dalla sete di sangue e portare sullo schermo la "Saga di Darren Shan". Si tratta di dodici libri scritti dallo scrittore irlandese Darren Shan (sì, proprio come il protagonista delle storie) a partire dal 1999. Nel film "L’aiuto vampiro" sono condensati i primi tre volumi della storia dell’eponimo protagonista, adolescente che diventa vampiro perché è l’unica possibilità davanti a lui per salvare la vita del suo migliore amico Alan, caduto vittima del morso di un velenosissimo insetto. A ricattarlo ("o diventi vampiro o lascio morire il tuo amico" ) è un succhiasangue di lunga data che ha bisogno di un aiutante per il prossimo, epocale, scontro fra bene e male. Abbandonare la propria famiglia e una vita normale, non è così semplice. Anche perché l’amico che Darren pensava di avere salvato, diventerà il suo più grande nemico...
Nonostante lo sforzo produttivo e la ricerca di una caratterizzazione non banale dei vari personaggi (il mondo dei freak è visualmente accattivante), purtroppo la sceneggiatura di "Aiuto Vampiro" manca di filo narrativo. Gli episodi appaiono slegati tra loro, si va avanti a singhiozzo senza quell’idea di inizio e fine che servirebbe per accattivarsi l’interesse dello spettatore. Troppo ingenuo è il protagonista Darren per potere cercare un qualsiasi tipo di immedesimazione. Sia che rimanga umano che vampiro, ci sembra che tutto gli scorra addosso senza svegliarlo. A poco vale quindi l’incisività del suo antagonista, Alan, interpretato dal sempre bravo Josh Hutcherson, o alcuni divertenti siparietti con i mostri (come il ragazzo serpente o la giovane barbuta). Per Paul Weitz (che assieme al fratello Chris firmò i primi due "American Pie", nonché le belle commedie "In good Company" e "American Dreamz") si tratta purtroppo di un mezzo passo falso. La sua capacità di critica sociale si perde dietro una favola grottesca adolescenziale che non soddisferà né i più giovani, né il pubblico più esigente. Peccato.

La frase: "Tu non ami me, ami la mia barba".

Andrea D'Addio

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