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Chelsea on the Rocks
Una storia fin dall’inizio inusuale quella del Chelsea Hotel. Un edificio in mattoni rossi costruito nel 1883 in stile Tudor nella Down Town di New York, alto dodici piani, il più alto fino al 1899, lugubre e affascinante, al confine con il quartiere di Chelsea, destinato ad uno dei primi condomini gestiti da una cooperativa. Finché, nel 1905, il Chelsea divenne hotel e, dal 1946, con la gestione della famiglia Bard, si trovò ad essere, quasi per caso, uno dei luoghi più celebrati della N.Y. artistica e ribelle.
Centoventicinque anni di storia, una mostra e uno spauracchio: il cambio di gestione. I Bard sono stati estromessi dal consiglio di amministrazione, che ha affidato l’hotel ad un team che si è occupato della ristrutturazione di tre alberghi extralusso e alla moda di Manhattan. Voci che hanno allarmato non poco il mondo dell’arte e del libero pensiero. Hanno richiamato anche l’attenzione del regista Abel Ferrara che ha voluto rendere, da par suo, un omaggio ad una storia eccezionale che rischia di scomparire, travolta da top model e star da rotocalco.
Il Chelsea Hotel, Chelsea on the Rocks, come recita con arguzia il titolo del docu-film, ha visto passare, soggiornare, ritrovarsi nelle proprie stanze, scrittori, attori, registi, musicisti, pittori. Nomi tra i quali Dylan Thomas, Arthur Clarke, Mark Twain, Tennessee Williams, Eugene O'Neill, William Burroughs, Andy Warhol, Edie Sedgwick, Bob Dylan, Patti Smith, Janis Joplin, Charles Bukowski, Jimi Hendrix, Julian Schnabel, Sam Shepard, Leonard Cohen, Milos Forman, Dennis Hopper, Ethan Hawke...
Un luogo di ritrovo che ha ispirato, ha registrato disperazioni, esaltazioni, amori e passioni, litigi, discussioni, morti e suicidi.
Abel Ferrara, attraverso Chelsea on the Rocks, ha voluto proporre un ritratto di un periodo che è rimasto quasi racchiuso tra le pareti, disperso per i corridoi del Chelsea: Ferrara immagina l’hotel dotato "kubrickianamente" di vita propria, con i suoi fantasmi e le sue impronte, e filma una commistione di documentario - con le interviste a chi visse o frequentò il Chelsea, tra cui Hopper, Hawke, Forman, con filmati di repertorio - e ricostruzione cinematografica di episodi particolari, mediante attori e volti noti (tra cui Grace Jones). Così, tramite un uso sgranato della fotografia, ritroviamo la storia di Sid Vicious, il bassista dei Sex Pistols, conclusa con l’omicidio della sua fidanzata, Nancy Spungen e poi con la sua morte per overdose; troviamo la storia dell’amore di Edie Sedgwick per Bob Dylan; di Ethan Hawke che si rifugia lì dopo il divorzio da Uma Thurman ("Quando mi sono separato da Uma, sono andato lì. E il direttore Stanley Bard mi ha detto: "Non pagarmi, preoccupati solo di ritornare con tua moglie".").
Un luogo immortalato in film e canzoni: nel 1966 da Andy Warhol con "The Chelsea Girls", una dozzina di corti girati nelle camere art deco dai soffitti altissimi; da Ethan Hawke nel 2001 con Chelsea Walls; nelle canzoni Chelsea Morning di Joni Mitchell; Midnight in Chelsea di Jon Bon Jovi; Hotel Chelsea Nights di Ryan Adams; Chelsea Hotel n. 2 di Leonard Cohen, che vi cantò il suo amore per Janis Joplin.
Insomma, come recita il motto dell’hotel: "A rest stop for rare individuals".
La frase: "Se tutto questo finirà, si chiuderà un’altra roccaforte della vita culturale e liberal di New York".
Giulia Baldacci
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