Chacun son cinéma
Trentatre registi, quasi tutti vincitori della Palma d’Oro, rendono omaggio ai sessant’anni di Cannnes, realizzando ognuno un proprio cortometraggio incentrato sul tema della “sala cinematografica”. Un film che la Festa del cinema di Roma aveva sollecitato, prendendo parte all’organizzazione del progetto gia due anni fa, e che ha proiettato nell’ambito della sua seconda edizione.
Da Theo Angelopoulus ai fratelli Coen, passando per Polanski, Von trier, Moretti, Kiarostami, Gitai e tanti altri. Un dream team che scandaglia il luogo degli effetti, l’interlocutore del grande schermo, lì dove le emozioni da potenziali diventano reali. Ogni regista col proprio stile, tutti volti a mettere in risalto un aspetto diverso dello stesso, straordinario, argomento. Non solo la sala in senso assoluto, ma anche in relazione al tempo (il cinema ora, come l’episodio di Moretti), ai sensi (Inarritu), al territorio (Kitano e Tsai Ming Lian) e alla conoscenza (Coen). Il cinema che muore (Konchalovsky) e il cinema in cui si muore (Gitai), o quasi (Polanski) o dove si uccide (Von Trier). Tanti piccoli incisi che formano un bellissimo film corale, una pellicola impregnata di cinema, dove il pessimismo di alcuni si scontra con la vitalità degli altri. Logico che un prodotto del genere abbia i suoi alti e i suoi bassi, ma vive come un insieme e staccare uno o due episodi, quelli che si pensano siano i migliori, dal restante, ne limiterebbe il godimento. Gli autori parlano direttamente col pubblico, gli dicono in faccia quello che pensano, riuscendo a condensare e rendere chiara la propria idea.
Un dialogo “alto” che presuppone l’attenzione dello spettatore, sollecitato a riflettere e a cercare di comprendere ciò che spesso è detto in una semplice inquadratura.
Il produttore è Gilles Jacob, il direttore della Croisette, testimonianza del fatto che ogni tanto le persone capaci arrivano dove gli compete. Aver riunito il fiore della cinematografia mondiale, e averlo spinto a realizzare un così bel film, non è merito da poco.

La frase: "(uno spettatore della campagna giapponese mentre acquista un biglietto): Uno, tariffa contadino".

Andrea D’Addio

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