Centochiodi
Gli stessi chiodi della crocifissione un cristologico Ermanno Olmi li usa per colpire il pensiero scritto, in un sovvertimento doppiamente significante. Per il regista infatti, Gesù si ribellò alle regole, nel tempio, e al proprio martirio. Due punti che le ideologie e le religioni ora invece impongono, privando l'uomo del bene massimo della libertà. E lo fanno attraverso la presunta sapienza dei libri ("quanta verità è stata scritta in questi testi... A cosa sono serviti? A ingannarci l'un l'altro. C'è più verità in una carezza che in tutti i libri"). Una truffa causa di sofferenze e distoglimento da ciò che conta, ovvero il piacere di una vita semplice, in armonia con gli altri e la Terra. In tal senso, indicativi degli interessi del cineasta sono i tre prossimi lavori in cantiere (tornerà ad occuparsi di documentari come agli inizi): su "Terramadre", riunione mondiale di contadini a Torino per essere di nuovo figure centrali della società, sulla riconversione delle aree industriali di Sesto San Giovanni, sulla ricerca della gioia.

Nel film - annunciato da Olmi come suo ultimo, e quindi ricapitolazione - il profeta protagonista si spoglia dei propri beni (ma fino a un certo punto: porta con sè computer portatile, contanti e carta di credito) e stabilendosi in un rudere in riva al Po incontra la disponibilità generosa e l'aiuto concreto di una commessa di alimentari (sacrale figura femminile portatrice di vita), un ex-muratore, e i "frequentatori del fiume", cioè una poetessa, un pittore e vecchi a cui basta bere tutti insieme un bicchiere di vino rosso. Una comunità dialettale di persone pure, d'animo gentile. Abusive e perciò minacciate da una scavatrice, mostro meccanico per la costruzione di un porto ("la Natura si ribellerà, cancellando ogni cosa che umilia tutte le creature"). Uno dei grandi vecchi del cinema italiano si congeda con un'opera elegiaca, extratemporale, dei poetici dettagli (il sorgere del sole tra l'erba, le contrastanti correnti d'acqua sulla superficie del fiume, la nebbia sull'argine) della fotografia del figlio Fabio.

La frase: "Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico".

Federico Raponi

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