Svalvolati on the road
E' probabilmente giunto il momento di individuare uno dei motivi dell'insuccesso cinematografico tricolore di tanti prodotti provenienti dall'estero, ai tutt'altro che attraenti titoli che gli vengono associati nello stivale del globo.
Quale sprovveduto uscirebbe di casa per correre in sala a vedere un lungometraggio intitolato "Svalvolati on the road"? Decisamente più convincente è l'originale "Wild hogs", che è anche il nome del quartetto di simpatici motociclisti protagonisti: il dentista Doug (Tim Allen), il preoccupato uomo d'affari Woody (John Travolta), il marito angariato ed idraulico insoddisfatto Bobby (Martin Lawrence), e lo scapolo incallito con la mania dell'informatica Dudley (William H. Macy); decisi, tutti insieme, a mandare su di giri la propria monotona esistenza cittadina con un ultimo sfrenato viaggio su due ruote attraverso il paese, che inizia accompagnato dalle note della storica "Gimme some lovin'" di Steve Winwood.
Perché, al fine di ribadire ancora una volta che nella vita non è mai troppo tardi per riscattarsi, il regista Walt Becker, responsabile, tra l'altro, del pessimo "Maial college" (2002), sembra riallacciarsi all'ormai da tempo tramontato filone del biker-movie, che, in voga tra gli Anni Sessanta e Settanta, sfornò titoli più o meno noti del calibro de "I selvaggi" (1966) di Roger Corman, "Satan's sadists" (1969) di Al Adamson e "I demoni" (1972) di Jerry Jameson; l'apparizione di Peter Fonda, quindi non va interpretata altro che come un evidente omaggio al mitico "Easy rider" (1968) di Dennis Hopper, che del sottogenere è con ogni probabilità l'elaborato più famoso.
Ma, a differenza dei film elencati, di taglio drammatico, qui non mancano assolutamente le occasioni per sprofondare in una sana risata, tra avvoltoi affamati, poliziotti gay e la pericolosa banda Del Fuegos, capitanata dal temibile Jack (Ray Liotta), mentre una delle sequenze più esilaranti si rivela tranquillamente essere quella in cui i quattro protagonisti si trovano a fare il bagno completamente nudi, e buona parte del divertimento è garantita dall'eccellente performance di un atipico Willam H. Macy nei panni dell'imbranato di turno.
Ed il resto del cast, cui si aggiunge strada facendo il Premio Oscar Marisa Tomei, sostiene superbamente 100 godibili minuti di pellicola diretti con mestiere ed impreziositi, tra l'altro, da una splendida colonna sonora di vecchi hit (AC/DC, Brian Wilson, Electric Light Orchestra e Creedence Clearwater revival nel mucchio); mentre lo script per mano del televisivo Brad Copeland, progressivamente, finisce soltanto per assumere le fattezze di un pretesto per poter inscenare le varie gag.
Ma ciò, nella migliore tradizione comica che si rispetti, spesso rappresenta più un pregio che un difetto.
Diffidate del titolo italiano, dunque.

La frase:
- "Pensavo fossimo uomini duri e selvaggi"
- "Magari selvaggi, duri non so"

Francesco Lomuscio

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