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Caccia al tesoroLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio21 novembre 2017Voto: 6.5
Sarà vero che chi trova una Mitra trova un tesoro?
Affiancato in fase di sceneggiatura dall’inseparabile fratello Enrico, ci risponde Carlo Vanzina attraverso quello che vuole essere l’omaggio dei figli di Steno alla comicità napoletana, che già il padre affrontò, tra l’altro, tramite i film con protagonisti Peppino De Filippo e Totò e la serie sul poliziotto Piedone incarnato da Bud Spencer.
Un omaggio che, rifacendosi chiaramente al super classico “Operazione San Gennaro” (1966) di Dino Risi, parte dalla figura di un attore teatrale di “insuccesso” dalle fattezze di Vincenzo Salemme, il quale, sommerso dai debiti e destinato a vivere a sbafo in casa della cognata vedova interpretata da Serena Rossi, va a pregare insieme a lei sotto la statua di San Gennaro dal momento in cui apprendono che l’unico modo per salvare da una morte sicura il figlio di nove anni della donna, gravemente malato di cuore, è sottoporlo negli Stati Uniti ad un intervento chirurgico del costo di centosessantamila euro. Da qui, a causa di un equivoco, decidono di imbarcarsi in un colpo che, consistente nel furto di uno dei gioielli della Mitra del santo, non solo li porta a spostarsi tra Napoli, Torino e Cannes, ma li fa ritrovare appoggiati sia da una coppia di ladri romani con i volti di Max Tortora e Christiane Filangieri, sia da uno sconosciuto nei cui panni abbiamo Carlo Buccirosso. Sconosciuto oltretutto costretto a far presenziare nella nient’affatto semplice impresa anche il figlio minorenne cui concede anima e corpo il Gennaro Guazzo visto in “Si accettano miracoli” (2015) e “Troppo napoletano” (2016); man mano che, tra mercanti d’arte e poliziotti più o meno affidabili, a complicare la situazione provvede l’entrata in scena del gomorriano Francesco Di Leva nel ruolo di un camorrista. Personaggio, quest’ultimo, che, come pure i Mandrake e Pomata del dittico “Febbre da cavallo” e il Nino Manfredi del già menzionato capolavoro risiano, finisce per essere oggetto di una delle molte citazioni verbali dal sapore metacinematografico volte a tempestare i circa novanta minuti di visione, non privi neppure di ironici riferimenti all’attualità calcistica tricolore. Riferimenti che, fin dai tempi di “Eccezzziunale... veramente” (1982), fanno quasi indelebilmente parte della tradizione vanziniana, insieme all’esilarante gioco dei dialetti che arriva in questo caso a far improvvisare napoletano Tortora e torinese Salemme. Gioco dei dialetti efficacemente usato, come di consueto, quale stratagemma finalizzato a strappare la giusta dose di risate nel corso di una piacevolissima e veloce operazione mirata sì a divertire lo spettatore, ma anche interessata a concretizzare in fotogrammi un autentico atto d’amore nei confronti di quel capoluogo campano che è troppe volte esclusivo soggetto di notizie di cronaca nera e storie di malavita. Un atto d’amore che l’autore di “Sapore di mare” (1983), inoltre, impreziosisce con il suo immancabile tocco di poesia qui testimoniato dalla splendida “Napul’è” di Pino Daniele posta a commento dei titoli di coda. La frase dal film:
"Chi volete che venga a rubare il tesoro di San Gennaro? Sarebbe un sacrilegio, qua non ha rubato mai nessuno" I FILM OGGI IN PROGRAMMAZIONE: In evidenza - Dal mondo del Cinema e della Televisione. |
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