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Buongiorno papà











Nel suo esordio dietro la macchina da presa, "Diciotto anni dopo" (2010), raccontò la storia di due fratelli che non si vedevano dai tempi in cui la madre perdette tragicamente la vita in un incidente stradale e che, in seguito alla morte del padre, si trovavano costretti a intraprendere un viaggio per porre le sue ceneri sulla tomba della donna.
Per questa sua seconda prova registica, invece, il romano classe 1972 Edoardo Leo parte dalla figura del trentottenne single Andrea alias Raoul Bova, superficiale sciupafemmine bello, sicuro di se e con un’avviatissima carriera all’interno di un’importante agenzia che si occupa di product placement, il quale, improvvisamente, vede entrare nella propria esistenza Layla: una ragazzina di diciassette anni che, con le fattezze della Rosabell Laurenti Sellers de "Gli equilibristi" (2012), afferma di essere la figlia che ebbe dalla sua prima, fugace e dimenticata conquista.
La miccia necessaria per dare il via alla girandola di tragicomici eventi che, tra adulti ancora lontani dall’idea di prendersi responsabilità e Nicole Grimaudo coinvolta nel ruolo di una insegnante di educazione fisica, tempestano una vicenda basata sulla perdita e sul passato che ritorna, proprio come la precedente, succitata pellicola.
Tragicomici eventi atti a fare da sfondo al rapporto di crescita padre-figlia; contornati, tra l’altro, dallo stesso Leo nei panni di Paolo, amico disoccupato che vive insieme ad Andrea, e dal mai disprezzabile Marco Giallini impegnato a concedere anima e corpo a Enzo, nonno di Layla, nonché ex musicista nel gruppo dei Giaguari.
Un folle personaggio di evidente ispirazione verdoniana, quest’ultimo, che, in mezzo a grotteschi interrogatori notturni riguardanti i New trolls e un’esibizione rock nel corso di una festa di bambini, finisce per regalare non poche risate, man mano che la circa ora e cinquanta di visione avanza.
Come pure le discussioni tra i genitori del protagonista e la sequenza del matrimonio; mentre non mancano ironiche frecciatine a Nanni Moretti e Richard Gere, ma neppure un omaggio a "Black cat (Gatto nero)" (1981) di Lucio Fulci (del resto, a produrre il film è lo stesso Fulvio Lucisano) e un interessante discorso riguardante la pubblicità inclusa in classici della Settima arte quali "2001: Odissea nello spazio" (1968), "E.T. - L’extraterrestre" (1982) e "Fight club" (1999).
Quindi, senza dimenticare punte di amarezza e indispensabili buoni sentimenti pronti a fare la loro entrata in scena, non solo ci si diverte senza annoiarsi mai, ma Leo si riconferma abile narratore di commedia su schermo.

La frase:
"Nelle amicizie ci stanno dei ruoli e bisogna rispettarli".

a cura di Francesco Lomuscio

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