Black Hawk Down
Black hawk down è un film di guerra che nulla toglie, né aggiunge, ai film del genere che lo hanno preceduto. E forse proprio questo è il suo punto di forza.
Racconta della missione USA in Somalia nel 1993 con lo scopo di mettere fine alla guerra civile che divampava nel paese da oltre 10 anni e che già aveva mietuto migliaia di vittime. In particolare, è la cronaca di una specifica azione di guerra per arrestare alcuni dei capi somali. Una missione che sarebbe dovuta durare 30 minuti e che invece finì dopo quasi ventiquattro ore.
Gran parte del film è dedicato proprio alla narrazione degli accadimenti di questa missione: dagli accurati preparativi, alla partenza dei soldati dalla base americana, dall'arrivo all'obiettivo prefissato, all'imprevisto evento che trasformò quello che doveva essere un fulmineo blitz in una vera e propria battaglia, ribattezzata per l'appunto, la battaglia di Mogadiscio.
Il film non è soltanto cronaca. La storia della battaglia è anche un mezzo che il regista Ridley Scott ("Blade runner") utilizza per raccontare le varie anime dei loro protagonisti. L'idealista, il guerriero, il mercenario, il fatalista, il professionista, l'altruista: tutte facce di una stessa medaglia irrimediabilmente insanguinata. Perché sotto le cartine dei generali, dietro i loro occhiali scuri, c'è solo un'immensa e tragica sofferenza, rappresentata dal cruento dolore dei feriti, dal ricordo lacerante dei parenti.
Il regista punta anche l'attenzione sull'assurdità di quella guerra (ma esiste una guerra ragionevole?). Come in Viet-Nam , gli americani si trovano proiettati in una realtà distante anni luce da quella a cui sono abituati. Differenti sono i modi di pensare, differenti i modi combattere, differenti i modi di morire. Scandite dai rumori assordanti dei colpi e delle pale degli elicotteri, Scott mette a nudo tutte le incongruenze del miglior esercito del mondo quando si scontra contro dei "civili" armati lungo le vie di una città fantasma. Le contraddizioni di un esercito specializzato che per una disattenzione trasforma una tranquilla missione in una carneficina. Le incongruenze di un popolo che prima assale gli americani come formiche sul cadavere di una bestia e poi li acclama come eroi da stadio. Sotto una montagna di bossoli, come animale ferito, precipitano gli enormi elicotteri neri (black hawk down, per l'appunto) e dentro di essi muoiono i soldati i corpi dei quali non si distinguono l'uno dall'altro. Il film è anche questo: nonostante un cast di notevole levatura (Josh Hartnett , "Pearl Harbor" - Ewan Mc Gregor "Moulin Rouge" - Tomy Sizemore "Salvate il soldato Ryan"), si fa difficoltà a distinguere un uomo dall'altro, tutti con i capelli rasati, tutti con lo sguardo duro e agguerrito, tutti con la stessa smorfia di cieco terrore quando sentono la fine avvicinarsi, tutti indistintamente votati all'oblio di un massacro di massa.
Nonostante la denuncia degli orrori della guerra, il regista però non riesce a levarsi di dosso un certo stantio americanismo: ed allora ecco che il contingente malese e pakistano dell'ONU viene descritto come indolente ed incapace ed il motto dei rangers ("Non lascerai mai solo un compagno ferito") che campeggia alla fine del film.
I motti restano, i corpi, invece, tornano a casa avvolti in una anonima busta nera.

Das

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