Baby Mama
Dopo aver lanciato (o meglio, ri-lanciato dopo gli anni di appannamento post "Fusi di testa") la stella cinematografica di Mike Myers, inventando e scrivendo assieme a lui i vari Austin Powers, lo sceneggiatore Michael McCullers tenta la medesima operazione con un’altra stella del Saturday Night Live, Tina Fey.
La Fey è senza dubbio una delle menti più brillanti, originali e ironiche del mondo dello spettacolo statunitense. A lei dobbiamo la splendida serie televisiva "30 Rock" (di cui è autrice e interprete), così come la sceneggiatura di un film piuttosto sottovalutato, ma nient’affatto banale e acuto nel suo ritratto sociologico del mondo dei teenager di oggi, come "Mean girls". La sua capacità di far ridere, ma al contempo riflettere, è presente anche in "Baby mama", commedia che segna l’esordio del già citato McCullers dietro la macchina da presa.
Lo spunto è più che mai attuale. Una donna in carriera vuole avere un figlio, ma non ha né un compagno né un utero che gli permetta, con buone possibilità di riuscita, l’inseminazione artificiale. Ecco quindi che l’idea di adottare un bambino diventa l’unica soluzione.
Nello specifico, lei vorrebbe che l’adozione avvenisse ancor prima che il piccolo nasca: ci sono donne che rimangono incinta senza volerlo e sono pronte a donare il proprio figlio scegliendo già dalla gravidanza i suoi futuri genitori (in questo caso uno solo).
Ci sono vere e proprie società di intermediazione che mettono in contatto "domanda" e "offerta". La giovane ragazza toccata in dote alla nostra protagonista è una sorta di sbandata che gliene farà passare di tutti i colori, salvo poi redimersi.
Il tema, come detto, è quanto mai all’ordine del giorno, basti pensare al chiacchierato utero in affitto di Sarah Jessica Parker.
Se "Juno" prendeva il punto di vista di chi aspetta di donare il bambino, qui abbiamo chi aspetta di ricevere. Gli interrogativi che si sollevano sulla legittimità di queste operazioni (si arriva al paradosso di donne che rimangono incinta appositamente per guadagnare) ne fanno logicamente una problematica dai tanti risvolti etici. "Baby mama" si limita a presentarceli senza affrontarli davvero (lo dimostra il finale che, virando sulla favola, evita di prendere una posizione), ma mantenendo un tono più che mai gradevole e leggero per tutta la sua durata. Merito di attrici (oltre alla Fey, la brava Amy Poehler e una ritrovata Sigourney Weaver) e attori (il sempre in gamba Greg Kinnear) che inducono sempre al sorriso e di battute mai volgari, ma comunque ficcanti. Proprio Sigorutney Weaver può essere il collante di un altro tipo di considerazioni: come il cinema riflette il cambiamento del movimento femminista. Se nell’88 Melanie Griffith era una donna che cercava di farsi largo come un uomo in un mondo dominato dal maschilismo (parliamo di "Una donna in carriera" dove la Weaver interpretava l’antagonista della Griffith) ora il problema di una quasi quarantenne è diventato avere un figlio e una famiglia. I tempi cambiano.
La frase:
- "Ti rivoglio indietro. Non faccio sesso da due settimane!"
- "Ma io sono stata via da un mese!"
Andrea D'Addio
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