At the End of the Day - Un giorno senza fine
Ispirato a fatti avvenuti il 5 Giugno 1992.
Apre con questa didascalia il lungometraggio d’esordio di Cosimo Alemà, proveniente dall’universo dei videoclip e degli spot pubblicitari (se si esclude un episodio diretto nel 1996 per il collettivo "Intolerance"), incentrato su una guerra simulata messa in atto da un gruppo di amici nella natura selvaggia e destinata a trasformarsi in incubo, in quanto non al corrente del fatto che il posto è stato in passato una base militare dove avvenivano operazioni segrete.
Infatti, una volta occupata la giusta dose di minuti per la presentazione dei diversi personaggi, i quali hanno i volti di Stephanie Chapman-Baker, Valene Kane, Sam Cohan, Neil Linpow, Andrew Harwood Mills, Monika Mirga e Tom Stanley, è la minacciosa soggettiva di qualcuno che li scruta di nascosto a permetterci di capire che si trovino tutt’altro che al sicuro; fino al momento in cui, tra mine, frecce, picconi e torture varie, cominciano gli spargimenti di liquido rosso.
Ma è fornendo l’indispensabile effetto shock senza spingere, per fortuna, sul pedale del sadismo da torture porn che Alemà gestisce a dovere l’oltre ora e mezza di visione, la cui idea di base, pur ricordando lo sconosciuto "Soft air" (1997) di Claudio Masin, prende evidentemente spunto dall’ultra-classico "Un tranquillo week-end di paura" (1972) di John Boorman e da recenti prodotti inglesi del calibro di "Wilderness" (2006) di Michael J. Bassett e "Severance-Tagli al personale" (2006) di Christopher Smith.
Anche se, nella generale messa in scena, il tutto finisce per richiamare maggiormente alla memoria un certo cinema di genere d’oltralpe d’inizio XXI secolo (si pensi solo a "Frontiers - Ai confini dell’inferno" di Xavier Gans), dal quale sembra ricalcare sia il look fotografico che la rappresentazione della violenza; con buoni effetti speciali a cura del David Bracci recentemente anche al servizio degli zombie-movie indipendenti "Eaters" (2010) e "Bloodline" (2010).
E, mentre la camera di ripresa sguazza efficace tra alberi e sentieri, il risultato, impreziosito sia dalla buona prova del cast che da un sapiente uso del sonoro volto ad accentuare il senso di angoscia e paura, è un avvincente e tecnicamente impeccabile insieme ricco d’azione.
Insieme che sembra anche voler ricordare, tra le immagini, che la guerra sia qualcosa di molto più pericoloso e spaventoso di un semplice gioco.
La frase:
"Le armi con cui spareremo sono delle copie esatte di quelle vere".
a cura di Mirko Lomuscio
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