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Asterix alle olimpiadi
Fin da piccolo sognava di portare sullo schermo Asterix. Thomas Langmann organizzò un incontro tra suo padre - il cineasta Claude Zidi - e il papà del fumetto Albert Uderzo, ponendo così le basi per il primo episodio. Del terzo capitolo, Langmann è alfine co-sceneggiatore (a qualche seduta ha partecipato lo stesso Uderzo) e co-regista. I milioni di spettatori dei due titoli precedenti fanno sì che pure su quest’ultimo si punti molto: il più costoso film francese di sempre (80 milioni di euro, una co-produzione che coinvolge anche Germania, Spagna e Italia), 3 società di effetti speciali, un cast tecnico noto e pluripremiato, fino a 4 unità e altrettante macchine da presa, una corsa delle bighe che ha richiesto 6 settimane.
A detta del co-regista Frédéric Forestier la storia disegnata offriva materiale per soli 45 minuti di pellicola, che perciò è stata farcita dell’innamoramento tra un gallo e una principessa greca, del conflittuale rapporto tra Bruto e Cesare sbilanciato - riguardo a simpatie - sul secondo (atteggiamento curiosamente bonario verso l’impero romano), e di molti riferimenti all’attualità; che vanno dalla musica (colonna sonora funky e la citata band “le pietre rotolanti”) allo sport con il tifo, con camei di campioni del tennis, della pallacanestro, del calcio e soprattutto della Formula 1 (omaggi alla più famosa casa automobilistica italiana e al pilota Michael Schumacher, definito “forever the best”), e col marcio da doping, corruzione, imbrogli e relativi reclami.
Panoramiche che danno sfoggio sia dello sforzo artigianale per la costruzione dello stadio che del lavoro digitale (più di mille piani in “truka”), Cesare/Delon che cita autoironicamente i propri successi come fa anche l’Obelix/Depardieu col “Cyrano de Bergerac”, qualche prurito grossolano (“buonasera signore” pronunciato guardando delle tette, o “piantala di rompermi le piramidi”), “Asterix alle olimpiadi” è un pastrocchio male amalgamato, carente nella struttura portante e noioso nell’evidente mancanza di idee.
La frase: "Cesare non invecchia, matura. I suoi capelli non si imbiancano, si illuminano. Cesare è immortale, per molto tempo. Ave me".
Federico Raponi
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