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Ararat - Il monte dell'Arca
Nato da un'urgenza privata l'ultimo film di Atom Egoyan si intreccia anche con la necessità cinematografica di illustrare la Storia.
Un racconto in cui uomini e donne cercando di risolvere la difficile ricerca di una identità personale e culturale, tentando altresì di venire a patti con una cultura moderna fortemente influenzata dagli accadimenti della Storia passata.
Il regista di origine armena tesse una storia complessa in cui i destini di due famiglie, una di origine armena e l'altra canadese, si incrociano al solo scopo di riuscire ad approfondire l'analisi di sé. Il film è anche l'opportunità di parlare del doloroso passato del popolo armeno che subì un vero e proprio massacro da parte dei Turchi, prima durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Una drammatica pulizia etnica che Egoyan preferisce lasciar raccontare ad un alter ego d'eccezione, Charles Aznavour, che per l'occasione lascia il mondo della musica per vestire i panni di un famoso regista, Edward Saroyan, sul set del suo film incentrato appunto sull'assedio turco di Van, in cui immagina il pittore espressionista Arshile Gorky, vivere ancora adolescente quel terribile evento.
Un film nel film che a tratti perde vigore proprio a causa di questa dualità, lasciando molto spazio alle crudeli immagini dell'eccidio, e abbozzando appena l'altro elemento portante della storia: il rapporto dei personaggi con la memoria e con il perdono che si sviluppa soprattutto attraverso il protagonista, il giovane Raffi. Il suo racconto del viaggio alla ricerca di un paese che fu quello dei suoi antenati si indebolisce confrontandosi continuamente con le scene del genocidio raccontate dal film di Saroyan/Aznavour, non arrivando mai a contrastare la loro forza storica e 'cinematografica'.
Un film nel film dicevamo, che pur non nascondendo i compromessi commerciali ai quali il regista deve far fronte, occasione per Egoyan di sottolineare ciò contro cui si è sempre opposto, esplora il più realisticamente possibile i fatti storici rispettando allo stesso tempo l'imperativo morale di ricordare il passato. Un passato che la velocità della tecnologia è riuscita a mettere da parte, lasciando che gli uomini se ne dimentichino con altrettanta rapidità.
Valeria Chiari
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