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Appartamento ad Atene











La tragedia della follia nazista in un interno domestico, così da dar maggior potenza alla lente d'ingrandimento puntata sulle dinamiche psicologiche che si instaurano tra carnefice e vittima.

Dopo un anno trascorso partecipando a una quarantina di festival internazionali, dove gli sono stati tributati diversi riconoscimenti, esce nelle sale italiane "Appartamento ad Atene", opera prima - con sostegno ministeriale - del co-sceneggiatore e regista Ruggero Dipaola, adattamento dell'omonimo romanzo di Glenway Wescott cui mescola anche elementi autobiografici.

Quando un occupante graduato si stabilisce nella dimora di una famiglia borghese, pieno di un senso di superiorità ariana che considera i greci vigliacchi e opportunisti, gusto per il comando e un sadismo appagato dall'umiliazione, nel nucleo composto da genitori e due figli emergono personalità molto differenti. Se per proteggere i suoi cari il padre si rivela subito remissivo e assecondante, la timida ragazza in fase di sviluppo mostra un'attrazione morbosa e fisica per l'autorità della divisa, mentre il (convincente) bambino, di carattere e con una spiccata propensione ad esser guida carismatica nel gruppo di piccoli amici di quartiere, è pronto a subire senza paura le conseguenze dei propri gesti ribelli, e nella svolta narrativa la madre se ne dimostrerà l'ascendente, forte, coraggiosa e combattiva. Sì, perchè con il ritorno dell'intruso dopo una parentesi in Germania, dove ha lasciato sposa ed eredi-soldato, nel precipitare degli eventi il film spicca il volo e ci consegna un invasore apparentemente trasformato dai lutti affettivi e dall'imminente sconfitta militare, depresso e oscillante tra gentilezza e sguardo assente. Ma nel momento in cui il padrone di casa, vittima della cosiddetta "sindrome di Stoccolma", prova compassione per lui, come nella favola esopea della rana e dello scorpione (l'animale compare in apertura, torturato dalla banda del ragazzino protagonista) quell'uomo non potrà che comportarsi conseguentemente all'ideologia mortifera sulla quale si è formato.

La frase:
"Tedeschi dove andate? Tutte le porte son serrate".

a cura di Federico Raponi

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