13 - Tzameti
Sebastien (Georges Babluani) è un giovane operaio che un giorno si occupa di alcune riparazioni in una villa in stato di decadenza, non solo materiale, ma anche economica. Siccome la persona che lo ha assunto è improvvisamente impossibilitata a pagare il ragazzo, questi ruba una lettera con delle indicazioni misteriose, che lo conduce attraverso una strana caccia al tesoro che lo dovrebbe rendere ricco, ma la cosa non sembra del tutto pulita, anzi diventa sempre più sinistra...

Il regista georgiano Gèla Babluani ci regala una pellicola in grado di turbare lo spettatore con una storia semplice nell'intreccio, ma atroce nelle implicazioni. Il mondo viene mostrato con gli occhi del protagonista, ed il pubblico condivide all'inizio lo smarrimento, poi la curiosità per una vicenda sempre meno chiara e che sembra catalizzare l'interesse di vari malintenzionati (oltre che della polizia). Quando la curiosità si muta poi in orrore, si è già oltre il punto di non ritorno, ed è impossibile non sentirsi trasportati assieme a Sebastien in un microcosmo da incubo, in cui solo la tirannia delle possibilità decide chi deve vivere e chi è invece condannato a morire. Intanto lo spettacolo, nel senso vero del termine, deve andare avanti, ed attorno all'inconsapevole vittima si dispiega un'organizzazione tanto fredda nell'esecuzione del "gioco" quanto cinica nella capacità quasi manageriale di portarlo avanti. Ed il tutto è reso ancora più duro da un bianco e nero tagliente nei contrasti, che non si lascia sfiorare da alcuna sfumatura. Proprio questo rende il film quasi insostenibile, poiché dietro ad una dinamica quasi elementare si nascondono le vicende appena tratteggiate di uomini-numero trasformati in bestie da macello per un pubblico mai sazio nella sua avidità di sangue e di denaro. Non si tratta di un film per stomaci deboli, proprio per la natura crudele del gioco, che reca in sé sottintesi più potenti della semplice paura della morte.

Babluani risente dichiaratamente dell'influsso del cinema sovietico in bianco e nero, del resto solo questo era per lui accessibile nella sua infanzia e giovinezza a Tbilisi, anche nello studio dei volti e in un montaggio serrato e dal ritmo implacabile. Sarebbe bello poter vedere al più presto questo film nelle sale.

La frase: "L'uomo nasce una volta e muore una volta. Prendila con filosofia: discendi da Schopenhauer!"

Mauro Corso

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