Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni
Woody Allen potrebbe anche raccontarci per novanta minuti una fila al supermercato e comunque troveremmo la sua narrazione gradevole. Il suo modo di approcciarsi alla vita, la sua descrizione sempre leggera anche quando va in profondità, il suo modo spesso distante, forse cinico, con cui vede quelle che in molti considerano le grandi scelte che uno si trova a dover affrontare, matrimonio, tradimento, licenziamento, figli (forse si salva solo l'omicidio, ma dipende dai casi), è sinonimo di scorrevolezza. Tutto accade velocemente, non si rimarca, si lascia sempre e solo l'essenziale. E il tempo scorre, l'orologio non si guarda. Parliamo di un uomo che ha il tocco magico, anche il suo peggiore film è meglio di buona parte della concorrenza. Perché questa premessa? La ragione è che “You will meet a Dark Tall Stranger” è probabilmente il suo lavoro meno riuscito da “Melinda e Melinda”. Si guarda, ma tutto sembra già visto e sentito altrove, oltretutto in maniera migliore.
Londra, persone normali, legami familiari che rendono ogni personaggio dipendente, in qualche modo, all'altro. Al centro c'è una coppia di quarantenni in crisi (ad ognuno di loro piace un'altra persona) con tanto di genitori di lei appena divorziati e già con un nuovo amore. E' su questo impianto che giocano i visi di Naomi Watts, Josh Brolin, Anthony Hopkins e Gemma Jones da una parte, e i loro possibili-reali amanti, Antonio Banderas, Freida Pinto, Lucy Punch e Roger Ashton-Griffith. L'amore passa, non è eterno e non è una colpa rendersene conto. Lo avevamo già sentito nel divertente “Basta che funzioni”, lo risentiamo ora qui in maniera più seria, ma comunque non drammatica, quasi con distacco, come se neanche valesse la pena dirlo ancora. La stessa voce narrante fuori campo ci anticipa fin dall'inizio che assisteremo ad una storia senza troppo significato, fatta di rumore e poco altro, di cui “non rimane nulla” si dice citando Shakespeare. Ecco allora che per dare almeno un minimo d’interesse alla vicenda, un poco di collante che renda le storie unite, ritroviamo il misticismo de “Lo scorpione di Giada”, la crisi creativa dell'artista di “Hollywood Ending” (seppur qui parliamo di uno scrittore), l'amore tra due persone totalmente distanti per età (come “Basta che funzioni”) e questo solo per citare solo gli ultimi lavori e i richiami più espliciti. Insomma, Woody non entusiasma come al solito, nonostante tutti i suoi attori siano a loro modo amabili e alcune scene valgano da sole la visione del film. Dai due dialoghi tra Banderas e Naomi Watts (in macchina e poi sul divano, con lui che prende tempo sviando le risposte) al Josh Brolin che cambia “la finestra di fronte” avendo un lampo di rimorso di straordinaria intensità, passando per l'idea di non far vedere lo splendido viso di Freida Pinto, la ragazza che suona la chitarra, ma di tenerla sfocata fino a che non esce di casa. E' per certi versi anche apprezzabile la scelta di Allen di non chiudere nessuna delle trame lasciate aperte, proprio come accade in “A serious Man” dei fratelli Coen, ma il modo con cui lo fa, senza accumulo di tensione, ma quasi volendo tagliare corto, come fosse finito lo spazio sulla pellicola, rende il tutto un po' antipatico. Per fortuna Allen fa un film l'anno e avremo presto modo di celebrare il suo ritorno. Due film sbagliati consecutivamente sarebbe davvero un record per lui.

La frase: "Devi scusami se faccio questa domanda, non sono abituato a fare cose del genere. Il nostro incontro, sarà igienico?".

Andrea D'Addio

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