Volver (tornare)
Donne, donne, donne, ancora e solo donne, nessuno come Almodovar sa raccontarle, renderle così affascinati e meravigliose, forti e fragili ad un tempo, generose e spietate.
Nell'universo di "Volver" gli uomini sono banditi, solo comparse fugaci, figure evocate dal ricordo. Dopo il cupo e maschile "La mala education" il regista madrileno ritrova la leggerezza, grazie ad un gruppo di meravigliose attrici, ad una storia personale, ma non autobiografica, dove l'unico fantasma realmente presente è quello della madre del regista. "Sono stati i miei ricordi personalissimi ad ispirarmi questo film - ha confessato Almodovar - i primi otto anni della mia vita che ho vissuto a La Mancha, dove il cortile diventava il mio mondo, tutto al femminile, che mi permetteva di vedere la vita dal vivo. Guardavo la vita di mia madre, delle mie sorelle. Era un grande spettacolo. E la vicina di casa era un elemento essenziale in questa piccola organizzazione".

Il film ruota attorno a tre donne dalla vita complessa: Raimunda, sposata con un operaio disoccupato e con una figlia adolescente; sua sorella Sole, timida e paurosa che si guadagna da vivere con un negozio di parrucchiere abusivo e la loro madre, Irene, presumibilmente morta in un incendio insieme al marito. Ma importante è anche la figura di Augustine, la vicina di casa delle ragazze che nella primissima scena è intenta a sistemare la sua tomba, in un cimitero spazzato da un vento fortissimo e incessante, dove moltitudini di donne cercano di sistemare i fiori e pulire le lapidi. Una scena che pare surreale e invece è realistica, una visione spiazzante della morte, vissuta con naturalezza e serenità. Fin da questa scena si evidenziano i due elementi caratterizzanti dell'intero film: la morte e la visione femminile della vita che contiene l'origine di tutte le cose, il luogo in cui tutto comincia e a cui tutto ritorna.
E' straordinario il modo in cui Almodovar è riuscito, partendo da ricordi personali, ad arrivare a raccontare temi universali, che riescono a toccare le corde più profonde di ognuno di noi. I tagli delle scene, la scelte delle inquadrature, la costruzione dello spazio denotano una capacità registica rara: è talmente bravo che riesce ad emozionare anche solo mostrando la Cruz che lava i piatti. Le sue immagini, sono talmente eloquenti che non hanno mai bisogno di una voce fuori campo per spiegare situazioni o personaggi.
Anche la direzione delle attrici è mirabile, mai la Cruz è stata così intensa, il suo personaggio è un omaggio alle nostre attrici più brave: la Loren e la Magnani, quest'ultima espressamente citata da alcune scene tratte da "Bellissima".
Un film da non perdere.

La frase: "E' molto doloroso che una figlia non ami sua madre".

Elisa Giulidori

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