Cosa piove dal cielo ?
Parla di un incontro fatale il vincitore della Sesta edizione del Festival del Cinema di Roma. Un cuento chino (Un racconto cinese) è la storia dell’amicizia fra Roberto, uno scorbutico argentino, e un cinese che non conosce neppure una parola di spagnolo. A unirli? Il caso curioso di una mucca piovuta dal cielo durante un conflitto a fuoco...
Il regista Sebastian Borensztein, argentino, tratteggia nella sua opera prima un’Argentina grottesca, ironica, ma anche al tempo stesso commovente e in qualche modo toccante. Il grottesco e il fantastico, nel film di Borensztein, prendono vita nella realtà di un Paese scoperto, senza pelle. Impreparato e senza difese, sembra voler suggerire il regista. E quando nel film incomincia a emergere la malinconia di cui è venato, accade qualcosa di misterioso: si ha la sensazione che guardando Un cuento chino si guardi un cartone animato! Il trucco è tutto nel testo. Nella sceneggiatura che riesce a creare relazioni tra le persone e gli avvenimenti. Se all’inizio si rimane spaesati, poi non si può che rimanere catturati, imbrigliati anche noi, come le mucche, gli amanti i precipizi e i cinesi, nella rete di possibilità che il film (o la vita?) ci mette a disposizione. Un effetto incredibile.
Qualcuno si ricorderà del thriller vincitore dell’Oscar nel 2010 “Il segreto dei suoi occhi”, ebbene in Un cuento chino troviamo lo stesso protagonista: un bisbetico, ma in fondo buonissimo Riccardo Alberto Darin. E si può dire che senza di lui il film non avrebbe forse avuto lo stesso effetto straniante.
Stravagante, buffo, a tratti eccessivo, ma in fondo libero. Libero di raccontare, di far sognare, di andare oltre. Un film bellissimo, un esordio che lascia esterrefatti.
La frase:
"No, non ti capisco, non parlo una parola di cinese… e salite!".
a cura di Diego Altobelli
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