Un conte de Noël
Dopo "I re e la regina", uscito in Italia nel 2006, il regista Arnaud Desplechin riunisce ancora Catherine Deneuve, Mathieu Amalric, Jean-Paul Roussillon, Hyppolite Girardot ed Emmanuelle Devos, in una vicenda corale che ha per protagonista una famiglia francese. Strutturato, secondo il suo modus operandi, in episodi, che ricordano atti teatrali, con personaggi più da assi di palcoscenico che da schermo cinematografico, "Un conte de Noël" vuole gettare uno sguardo impietoso all’interno di una famiglia in qualche modo disgregata, dopo un lutto rimosso.
In seguito alla grave malattia della madre, Junon (Deneuve), che necessita di un trapianto di midollo osseo da un donatore compatibile, figli, nipoti e amici si ritroveranno uniti per le feste di Natale nella casa di lei e del marito Abel (Roussillon). Sarà una resa dei conti, un sasso gettato per frantumare e chiarire anni di incomprensioni, mancanza di amore e lontananze.
E’ una specie di fiume, "Un conte de Noël", con affluenti e rivoli, che da una parte ingrossano, dall’altra diluiscono eccessivamente il nucleo della vicenda (il personaggio di Junon e il suo rapporto con i figli), approfondendo e scavando nelle storie personali dei personaggi, che hanno tutti qualcosa di nascosto e inconfessato.
Desplechin vuole farci riflettere sulla difficoltà di amare apertamente, di aprire i propri cuori, sull’amore materno dato e/o negato, sull’innaturalezza, ma necessità, nel confessare ad un certo punto della vita ad un figlio di non averlo mai amato – nella scena, apparentemente leggera, su un dondolo nella notte invernale, di Junon con il figlio Henri (Amalric), concepito solo allo scopo di salvare, con un trapianto di midollo, il fratellino di sei anni malato.
D’impianto teatrale, dicevamo, con dialoghi che sono spesso flussi di coscienza, logorroici chiarimenti, che accompagnano, senza pesare, lo spettatore per due ore e mezza in un’intricata e credibile vicenda di comportamenti umani, talora eccessivi, con pochi momenti all’aperto (su un treno, spesso in ospedale, nella notte di Natale, per le strade notturne innevate).
Una tragicommedia in cui Desplechin cerca di farci amare i suoi personaggi, riuscendoci, perdendo però per la strada molte trovate stilistiche (i protagonisti che si rivolgono alla camera; oggetti usati come simboli; divisione in due dello schermo) che rimangono lì, quasi esercizi di bravura dimenticati per la strada troppo lunga.
La frase: "Tu hai sempre desiderato un mondo perfetto. Tuo fratello non lo è".
Giulia Baldacci
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