Tornando a casa per Natale
Il titolo italiano di "Hjem til jul" potrebbe erroneamente spingere a pensare che non sia altro che l’ennesima commedia infarcita di alberi addobbati e luci ad intermittenza quella che sta per scorrere sullo schermo.
Ma, pur risultando accostabile a produzioni d’oltreoceano come "Un amore sotto l’albero" (2004) di Chaz Palminteri o "La neve nel cuore" (2005) di Thomas Bezucha, volte a raccontare le esperienze di una varietà di personaggi durante il freddo periodo natalizio, lascia intuire fin dal prologo un certo tono drammatico il sesto lungometraggio cinematografico firmato da Bent Hamer, autore, tra gli altri, di "Factotum" (2005) e "Il mondo di Horten" (2007).
Il cineasta norvegese parte da "Only soft presents under the tree", selezione di racconti brevi di Levi Henriksen, per narrare l’intreccio delle vite di un gruppo di persone abitanti di una cittadina immaginaria, a partire da un anziano alcolizzato intento a tornare a casa per le vacanze.
Un manipolo di solitudini, ma anche di individui vicini e uniti, comprendente una coppia serbo-albanese dall’oscuro passato chiusa in un cottage isolato, una donna convinta che il suo amante sposato lascerà la compagna dopo le festività, uno studente che, per poter stare con la graziosa compagna di classe musulmana, finge che la propria famiglia protestante non festeggi il Natale, e un uomo deciso a tramortire il nuovo compagno della ex moglie per travestirsi da Babbo Natale e rivedere lei e i figli senza essere riconosciuto.
Tra l’altro, sembrano quasi usciti da un horror degli anni Ottanta alcuni momenti di quest’ultima situazione, capace di testimoniare ancora una volta l’abitudine di Hamer di mescolare umorismo e tragedia.
Elementi al cui fianco non dimentica comunque di porre la speranza e il perdono, al servizio di un’operazione caratterizzata da ritmi (lenti) e stile tipici di molti prodotti provenienti dall’Europa del Nord, prevalentemente costruiti, come questo, su inquadrature fisse e rari movimenti di macchina.
Con un colpo di scena finale, per un neanche troppo lungo (siamo sugli 85 minuti circa) elaborato che, senza infamia e senza lode, fornisce comunque un modo diverso di vedere al cinema la fredda "fetta" dell’anno tanto gettonata da cinepanettoni e cartoni animati.

La frase: "Buon Natale, ragazzo mio".

Francesco Lomuscio

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