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The yes men
Il simpatico gruppo di giovani che dà il nome al documentario (www.theyesmen.org) ha inventato una serie di azzeccate iniziative mediatiche, tali da garantir loro una certa visibilità. Inizialmente essi presero di mira il presidente USA Gorge W. Bush con un sito web in cui ribattevano alle sue bugie. Per questo ci furono pressioni per farli chiudere, e i ragazzi dovettero dotarsi di un supporto legale. Poi, per denunciare il carattere machista di molti videogame, ne riempirono uno di omini-"comparse" in mutande che si baciavano. E ancora, piazzarono sugli scaffali di grandi magazzini delle bambole Barbie parlanti, ma dai messaggi registrati opposti a quelli abituali.
Ma l'azione più eclatante degli "Yes Men" è stata l'attivazione di un altro sito, stavolta molto simile a quello del WTO, sicchè ignare organizzazioni economiche li hanno invitati in giro per il mondo a partecipare a conferenze. In serissimi ed esilaranti interventi in giacca e cravatta, i nostri eroi (Mike Bonanno e Andy Bichlbaum) sostenevano così la fine delle dogane, un orario di lavoro uguale per tutti, il voto elettronico (per le elezioni) al miglior offerente, la schiavitù a distanza (o manodopera delocalizzata che dir si voglia), la totale privatizzazione dell'istruzione, gli hamburger per riciclare rifiuti organici, fino al clamoroso annuncio - inviato a 25 mila giornalisti - dello scioglimento del WTO per fallimento degli obiettivi. E suscitando di volta in volta reazioni distratte, approvazione, rabbia. Un vero spettacolo dadaista con gusto per l'assurdo comico, creativamente sovversivo, intelligente nel far perno sulle contraddizioni del nemico.
Un'opera girata a più mani (Dan Ollman, Sarah Price e Chris Smith), benedetta dall'apparizione di Michael Moore in un cameo, presentata in vari festival (premio del pubblico a quello di Amsterdam) compreso - per l'Italia - il Tekfestival che ne proiettò una versione precedente ridotta, e che ora grazie alla Teodora di Vieri Razzini esce in versione sottotitolata, per qualche giorno, in una decina di sale di altrettante città per la lodevole rassegna "5 pezzi facili".
La frase: "...rubiamo l'identità di persone che riteniamo criminali per mostrare il loro vero volto".
Federico Raponi
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