I segni del male
La Dark Castle Entertainment di Joel Silver e Robert Zemeckis, come il nome suggerisce, è stata fondata, alla fine del millennio scorso, in onore di quel piccolo genio del cinema horror che si chiamava William Castle, ironicamente noto come l'Hitchcock dei poveri.
Però, dopo "Il mistero della casa sulla collina" (1999) e "Tredici spettri" (2001), rifacimenti di due dei più famosi lavori del cineasta scomparso, la casa di produzione sembra aver deciso di dedicarsi al cinema della paura a 360 gradi, sfornando "Nave fantasma" (2002), "Gothika" (2003), "La maschera di cera" (2005) e, appunto, questo "I segni del male", che testimonia il ritorno al genere per Stephen Hopkins, recentemente premiato con un Emmy Award per la regia di "Tu chiamami Peter" (2004), ma in passato responsabile di "Predator 2" (1990) e del quinto massacro su celluloide di Freddy Krueger.
Al centro della pellicola troviamo l'ex ministro di culto Katherine Winter, con il volto del premio Oscar Hilary Swank ("Million dollar baby"), la quale, dopo aver rinunciato all'abito in seguito alla perdita della giovane figlia e del marito mentre lavorava come missionaria in Sudan, si trova continuamente a dover credere nei fatti e non nei miracoli, sostituendo la preghiera con la ricerca scientifica. Fino al giorno in cui, insieme al suo partner Ben, interpretato da Idris Elba ("28 settimane dopo"), viene convocata a Haven, cittadina nascosta tra i boschi e le paludi della Louisiana, dove strani accadimenti che appaiono legati all'enigmatica bambina McConnell, cui concede anima e corpo Annasophia Robb ("Un ponte per Terabithia"), sembrano essere il riproporsi delle dieci piaghe bibliche.
Tra viaggi in Africa ed invasioni di locuste, quindi, ad essere saccheggiata è soprattutto, ed in maniera evidente, la saga de "L'esorcista", anche se non mancano neppure riferimenti al polanskiano "Rosemary's baby".
Che si tratti di omaggi o plagi poco importa, in quanto la principale nota negativa dell'ultima fatica di Hopkins è da individuare nello script ad opera dei fratelli Chad e Carey W. Hayes (gli stessi del succitato "La maschera di cera"), interamente costruito su situazioni già viste e luoghi comuni del filone orrorifico, tanto che, al di là di qualche balzo dalla sedia garantito dal sempreverde stratagemma dell'alternanza dei piani sonori, la noia finisce per regnare sovrana perfino durante le sequenze d'azione.
A conti fatti, poi, se l'allegoria relativa alla distinzione tra bene-buoni e male-cattivi risulta interessante e la rivelazione finale non dispiace affatto, l'eccessiva presenza di effetti digitali e maestose esplosioni non fa altro che accentuare il lato spettacolare di una vicenda che avrebbe dovuto invece puntare maggiormente su quello pauroso. E non sono sufficienti affascinanti immagini come quella del fiume rosso sangue a rendere salvabile la produzione meno riuscita della Dark Castle Entertainment. .

La frase: "Dio protegge i suoi figli anche se loro ancora non lo sanno".

Francesco Lomuscio

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