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The PredatorLa recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com di Francesco Lomuscio01 ottobre 2018Voto: 5.5
Se lo scontro finale nella foresta, con tanto di fuoco, non può fare a meno di suggerire un chiaro rimando al “Predator” che, diretto nel 1987 da John McTiernan, aprì grazie al suo inedito miscuglio di war movie e fantascienza a tinte horror la strada alla fortunata saga approdata nel 2010 a “Predators” di Nimród Antal, anche l’apertura d’ambientazione boschivo-militaresca e la iniziale caratterizzazione dei personaggi lasciano intendere tentativi di recupero dell’atmosfera che caratterizzò quell’ormai classico incentrato su un armatissimo Arnold Schwarzenegger impegnato a fronteggiare un sanguinario predatore invisibile venuto giù dallo spazio.
Ormai classico che vide nel cast lo stesso Shane Black che – ideatore, tra l’altro, del popolarissimo franchise poliziesco “Arma letale” – contribuì anche alla sceneggiatura e che si trova dietro la macchina da presa per questo quarto capitolo della serie, in un certo senso collegato al metropolitano “Predator 2” di Stephen Hopkins attraverso il Keyes incarnato da Jake Busey e figlio del Peter che possedette in quel caso le fattezze del padre Gary. Quarto capitolo se escludiamo, ovviamente, i due cross over con lo xenomorfo di “Alien” e che, in maniera molto semplice, tira in ballo una scienziata dal volto di Olivia Munn per affiancarla ad un gruppo di ex soldati comprendenti uno squilibrato Thomas Jane e guidati dal Boyd Holbrook di “Logan – The Wolverine”; tanto più che il figlio di quest’ultimo, interpretato dal Jacob Tremblay di “Wonder”, è finito nei guai proprio con i cacciatori intergalattici, a quanto pare qui geneticamente modificati con il DNA di altre specie. Cacciatori in questo caso addirittura forniti di mostruosi cani che, insieme ad un predator di grosse dimensioni, finiscono per rappresentare, però, le pochissime novità dispensate da uno script che tenta maldestramente di camuffare dietro all’abbondante ricorso all’ironia (citiamo solo la simpatica gag del braccio mozzato) la propria evidente pochezza. Uno script che spingeva a ben sperare soprattutto a causa della firma – insieme a quella del regista stesso – del Fred Dekker che diresse autentici cult degli anni Ottanta quali “Dimensione terrore” e “Scuola di mostri”, ma che fallisce soprattutto nel momento in cui immerge l’ambientazione nella notte di Halloween senza sfruttarne adeguatamente il potenziale. Perché, a quel punto, c’era da aspettarsi una festa di sangue a base di alieni invischiati con intenzioni omicide in mezzo ad inconsapevoli cittadini mascherati per la festa; mentre la oltre ora e quaranta di visione si riduce ad un continuo, piatto alternarsi di azione e splatter (prevalentemente digitale) che, però, non fa rimanere alcuna sequenza memorabile nelle memoria dello spettatore una volta giunta ai titoli di coda. E, se anche gli effetti speciali lasciano in parte a desiderare, è chiaro che ci troviamo dinanzi alla meno ispirata regia di Black, che decisamente meglio ha saputo fare, per esempio, in “Kiss kiss bang bang” e “The nice guys”. La frase dal film:
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