Tu chiamami Peter
Come si è soliti pensare, la vita di un comico non è affatto comica. E così il biopic di Peter Sellers non è affatto una serie di sketches da cabaret, battute fulminanti e riproposizioni di scene memorabili dei suoi lavori più riusciti, ma una storia malinconica, più orientata all'aspetto intimo e familiare dell'attore che a quelli mondani e da ridere. Può un film biografico non dirti nulla del proprio protagonista? O meglio, dirti tutto facendoti capire che non c'è nulla da dire?
Davanti al camerino con su scritto Peter Sellers, il grandissimo Geoffrey Rush (Premio Oscar con Shine, un'altra biografia) nelle vesti del fantastico caratterista di Southsea, ci dice :"Qui non potete entrare". Non ci entra il pubblico, non ci è mai entrato davvero nessuna delle persone che hanno affiancato l'attore durante il suo percorso di vita.
Forse Sellers era davvero solo un veicolo, una maschera di cartapesta da adattare sempre su nuovi personaggi, un uomo nato attore, e come tale dall'interno imperscrutabile. Forse è proprio per questo che è stato uno dei più grandi.
Il film di Stephen Hopkins sposa questo approccio per narrarci l'esistenza di uno dei più importanti caricaturisti della storia del cinema: chi ha mai conosciuto davvero Peter Sellers?
In un mix di lirismo e realtà, chiunque provi a rispondere a questa domanda, dai genitori alle due prime mogli, da Stanley Kubrick a Blake Edwards non riesce che ad avvicinarsi alla risposta, senza mai centrarla in pieno. Non ci si può appassionare alla vita di Sellers, questa rimarrà sempre un'estranea per chiunque.
Così seguiamo gli inizi di Sellers dai successi radiofonici al film che fu per lui una vera e propria ossessione, quell' "Oltre il giardino" dove nella parte del tonto giardiniere Chance ognuno trovava ciò che voleva vedere, passando per il felice e difficoltoso rapporto con Blake Edwards. Quattro mogli, tre figli, un infarto che cercò di levarcelo ancor prima di quanto poi non sia successo (è morto a 54 anni), tanti successi e qualche flop. Forse sarebbe stato bello vedere e capire qualcosa, anche solo un accenno, di come si arrivò a generare quel capolavoro comico che fu "Hollywood party", forse i tempi sono più televisivi che cinematografici, forse è un po' strano che in tutto il film l'unico ad invecchiare sia lui, ma il messaggio arriva comunque intenso e chiaro. Peter Sellers era ed è semplicemente ciò che ricordiamo di lui: è l'eccentrico Dr Stranamore, è l'imbranato attore indiano Hrundi Bakshi, è l'ingenuo ispettore Clouseau, è il "ladro" di "Lolite" Clare Quilty, è soprattutto il solitario e sempre bambino Chance che conosce la vita come un bambino un libro di algebra.

La frase: "Anche alla ruota della fortuna serve una piccola spinta per iniziare a girare"

Andrea D'Addio

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