The Lego Movie
Quattro lettere per un gioco di costruzioni in continua evoluzione e molto popolare che, fin dal suo esordio, avvenuto tra gli anni Quaranta e Cinquanta, ha provveduto a stimolare la creatività di intere generazioni e diverse culture.
LEGO, il gioco da cui Phil Lord e Christopher Miller – autori di “Piovono polpette” (2009) e “21 Jump street” (2012) – sono partiti per raccontare sullo schermo l’avventura dell’onesto uomo comune Emmet, il quale, scambiato erroneamente per il Prescelto, ovvero la figura chiave che dovrà salvare il mondo, si ritrova a guidare un gruppo di sconosciuti in una missione epica volta a fermare il malvagio tiranno Lord Business.
E, con il primo doppiato da Massimo Triggiani e il secondo da Pino Insegno, sono circa quindici milioni tra mattoncini, personaggi, pezzi per i set e materiale scenico gli elementi occorsi ai due registi al fine di poter creare il loro colorato universo tramite l’animazione digitale 3D; ma senza affidarsi unicamente all’effetto della computer grafica e ricorrendo a uno stile maggiormente somigliante alla stop-motion, in modo da optare per un aspetto realistico delle immagini.
Infatti, pare che gli animatori abbiano ricreato ogni singolo componente e costruito ogni scena mattone dopo mattone per concretizzare la vicenda che, in mezzo a veicoli in fuga ad alta velocità, edifici e altri oggetti destinati a saltare in aria, arriva a tirare in ballo supereroi del calibro di Superman, Batman, Wonder Woman e, addirittura, la tartaruga ninja Michelangelo.
Mentre non solo si sguazza tra inseguimenti sull’asfalto, robot proto-Terminator ed escursioni nel vecchio West, ma nella schiera di protagonisti abbiamo anche la giovane Wyldstyle ed il vecchio mistico Vitruvius, che tanto ricorda il Gandalf della trilogia “Il Signore degli Anelli”.
Del resto, insieme a “Django unchained” (2012) di Quentin Tarantino e alla saga “Star wars”, è proprio la trilogia tolkieniana ad essere omaggiata nel corso della movimentatissima e divertente circa ora e quaranta di visione... a tratti, forse, eccessivamente caotica (pecca di quasi tutti i cartoon cinematografici d’inizio terzo millennio), ma in grado di risultare non poco intelligente per la maniera affascinante in cui si rivela un’operazione atta a sfruttare giocattoli basati sul concetto di assemblaggio con la finalità di precisare – più o meno allegoricamente – che il dialogo tra la forza operaia e coloro che comandano è indispensabile a favorire la costruzione ed evitare la distruzione.
Perché, a conti fatti, il potere è soltanto un’invenzione e tutti, in realtà, siamo speciali per il progresso della società.
La frase:
"Deve essere strano, un attimo prima sei la persona più speciale dell’universo e subito dopo non sei nessuno".
a cura di Francesco Lomuscio
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