The judge
Se in Italia i film "politici" trattano sempre di questioni spinose e ricche di fango dove l'happy end (leggasi trionfo della giustizia) è giustamente proibito, in Danimarca il massimo cui si possa ambire per parlare del malfunzionamento della classe politica sono le difficoltà di giudizio della Commissione rifugiati. E così le ragioni del rifiuto della concessione di asilo politico ad un dissidente politico africano che saputo il verdetto si da fuoco, diventano caso nazionale tanto da gettare nello sconforto il presidente della commissione. E' giusto che lui abbia la facoltà di giudicare e incidere sulla vita di qualcuno che a malapena conosce? Il dubbio che, logicamente, sempre accompagna ogni sua decisione, non dovrebbe renderlo più tollerante? E come comportarsi poi con quel figlio adolescente per anni lasciato all'ex moglie ed al patrigno che adesso tanto vuole conoscerlo?

Partendo dalla crisi professionale di una figura istituzionale importante come quella del giudice, il film scritto e diretto da Gert Fredholm, cerca di analizzare i risvolti più intimi di chi ha dedicato l'intera vita all'oggettività di giudizio, un campo in cui non c'è spazio per emozioni e calore. Idea di base affascinante cui bisogna dare uno spessore in fase di sceneggiatura che qui purtroppo manca. E così questo film di uomini (padre, figlio, zio e nonno della stessa famiglia ne sono i personaggi principali) finisce ben presto col sembrare un prodotto televisivo, caratterizzato da una generale mancanza di ritmo e introspezione. Il freddo e affascinante ambiente danese poco viene sfruttato da una regia che preoccupata essenzialmente di rinchiudere i propri protagonisti in asfittici ambienti chiusi. Da apprezzare comunque una certa linearità narrativa che rende il film di facile fruizione per chiunque, anche se più adatto al piccolo che al grande schermo.

Curiosità: Il regista Gert Fredholm ha di recente intrapreso l'organizzazione del progetto Unisco per una scuola di cinema in Zimbawe.

La frase: Per riuscire bisogna dimenticare ed andare avanti.

Andrea D'Addio

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