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The Counselor - Il procuratore











Un avvocato insoddisfatto del proprio livello di benessere cerca di insinuarsi nel business della droga, con un investimento che dovrebbe rendergli molto con un minimo margine di rischio. Le cose, ovviamente, non vanno come previsto.

Fin dalle prime scene si ha la netta sensazione che The counselor sia un thriller solo in apparenza. Mentre un film di questo genere è fortemente basato su un intreccio in grado di stritolare i personaggi in maniera lenta e inesorabile, come un meccanismo a orologeria, in questo caso si avverte l'assenza di un congegno di precisione storica. Sono molto frequenti salti logici, spiegazioni mancanti, incontri e ritrovamenti non consequenziali. Personaggi vuoti si muovono in un universo dominato dal caso in cui l'unico motore è l'attesa inesorabile del nulla. Il protagonista non ha neppure un nome: viene chiamato semplicemente "l'avvocato".

La storia è semplice nello svolgimento (un affare di droga andato male) e la vicenda dell'avvocato ricalca alla perfezione l'idea aristotelica di tragedia (un eroe che precipita, ma non per propria colpa). I personaggi non sono molto caratterizzati, e sono legati unicamente a un bisogno primordiale di sopravvivenza. Fin dalle prime battute si ha la netta sensazione che l'aspetto preponderante del film sia dato dalla sceneggiatura di Cormac McCarthy e, ancora di più, dai suoi dialoghi.

The counselor più che una pellicola lineare sembra una serie di conversazioni tra avvenimenti non visti. Questa avrebbe potuto essere una scelta forte, ma Ridley Scott rovina il momento più potente (il ritrovamento di un cd), mostrando immediatamente dopo gli effetti di quel ritrovamento. Come al solito, la sfiducia nelle capacità del pubblico rendono un cattivo servizio alla regia.

Ogni dialogo è strutturato in maniera molto precisa: c'è un predatore e c'è una preda. Il predatore è un personaggio che sembra dotato di una qualche forma di verità superiore sulla natura umana, sull'ambiguità delle scelte morali, quando non addirittura sul senso della vita. L'idea di fondo attinge a piene mani dallo schema della tragedia classica. In questo caso, ad esempio, il ruolo del fato è assegnato al cartello colombiano, un'entità che è impossibile combattere o compiacere.

Dunque la frase che riassume meglio il tono dei dialoghi è quella in cui Brad Pitt afferma "Loro non credono alle coincidenze. Sono pragmatici. Ne hanno sentito parlare, ma non ne hanno mai vista una". Il pronome "Loro" ricorre in maniera molto insistita, durante The counselor.

Quello che Cormac McCarthy sembra ricercare a ogni scambio di battute, è la frase emblematica, la citazione da manuale, la rivelazione sull'essenza della natura umana. In realtà questa rivelazione non c'è mai, perché nessun personaggio scopre mai le proprie carte, trincerandosi dietro a un mistero che non può essere espresso con le parole. Che sia un mistero religioso o un mistero nichilista poi è poco importante. Ogni dialogo è ricalcato sullo schema del Sunset Boulevard, opera teatrale dello stesso McCarthy, in cui farsi domande è più importante di dare delle risposte. Mentre questo però funzionava nei vivaci dialoghi tra due uomini (uno di fede, l'altro di ragione) in uno squallido appartamento, i dialoghi di The counselor si scontrano con le spietate esigenze del film di genere, e alla fine suonano come un puro esercizio intellettuale.

La frase:
"Loro sanno che sei stupido, ma non sanno quanto sei stupido".

a cura di Mauro Corso

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