The Amazing Spider-Man 2: Il Potere di Electro
Si comincia immediatamente all’insegna della spettacolarità ad alta quota, con i genitori di Peter Parker impegnati nel loro ultimo volo; ma non è da meno neppure la sequenza immediatamente successiva, nel corso della quale il giovane, ovviamente nascosto sotto lo scintillante costume rosso-blu di Spider-Man, tenta di bloccare Aleksei Sytsevich alias Paul Giamatti che si destreggia distruttivo in mezzo al traffico di New York, avendo appena dirottato un camion carico di plutonio.
Giovane che, nuovamente sotto la regia di Marc Webb, possiede ancora una volta i connotati dell’Andrew Garfield di “The social network” (2010), sempre più impegnato ad approfondire il proprio rapporto sentimentale con la coetanea Gwen Stacy, ovvero la Emma Stone di “The help” (2011), ma qui costretto a fronteggiare addirittura due grossi pericoli per l’umanità e la sua stessa vita.
Infatti, non solo il perdente Max Dillon, incarnato dal vincitore del premio Oscar Jamie Foxx, si ritrova accidentalmente trasformato in Electro, in grado di emettere e generare energia elettrica, ma Harry Osborn, con il volto del Dane DeHaan di “Come un tuono” (2012), da migliore amico del protagonista finisce per diventare il suo peggiore nemico nel momento in cui decide di assumere le fattezze del temibile Green Goblin.
Quindi, coloro che erano rimasti cocentemente delusi da “The amazing Spider-Man” (2012), che, a causa soprattutto dell’inevitabile confronto con la precedente riuscita trilogia cinematografica dedicata da Sam Raimi al supereroe Marvel, non si rivelò altro che un fiacchissimo tentativo di adattare le avventure del tessiragnatele alle fanta-romanticherie proto-“Twilight”, non possono fare altro che ricredersi.
Perché, con una visione tridimensionale una volta tanto usata a dovere e l’ironia mai eccessivamente invadente (immancabile l’esilarante apparizione di Stan Lee), è di sicuro grazie alla sceneggiatura, ora a firma del televisivo Jeff Pinker insieme a Roberto Orci e Alex Kurtzman – autori dello script di “Transformers” (2007) – che dobbiamo due ore e venti di fotogrammi in movimento maggiormente vicine ai lodevoli risultati raimiani che al precedente tassello.
Due altamente movimentate ore e venti impreziosite sì da coinvolgenti situazioni, come quella dello scontro a Times Square o della resa dei conti con Electro mentre la città è totalmente al buio, ma capaci anche di sprigionare un certo animo dark – a tratti addirittura horror – destinato a rendere l’operazione, senza dubbio, una delle migliori trasposizioni su celluloide dell’universo marveliano.
Man mano che viene ribadito che non bisogna rinunciare alla speranza neppure quando si fallisce... e che ci si dirige verso il finale apertissimo per il terzo capitolo!
La frase:
"Ciao, mi chiamo Spider-Man, chiamami testa di ragno, chiamami fantastico, ma non chiamarmi per invitarmi a cena".
a cura di Francesco Lomuscio
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