Taxi to the Dark Side
Dei circa 30 mila prigionieri (il 93% preso in consegna dagli statunitensi) nelle guerre causate dall’11 Settembre 2001 nessuno è stato finora processato. Il decesso di uno di essi - il tassista Dilawar, e in totale sembra siano 105, di cui 37 per omicidi, suicidi e morti “accidentali” - nella base di Bagram (Afghanistan) ha fatto emergere terribili trattamenti psico-fisici, con tanto di tecniche scritte che mettono su carta la sospensione del diritto internazionale. Lì come nelle carceri di Abu Ghraib (Iraq) e Guantanamo (Cuba). Alex Gibney (nomination all’Oscar con “Enron”, premiato al Sundance Festival per “No End in Sight”) è sceneggiatore, regista, voce narrante, ed ha dedicato questo lavoro al padre, ex graduato in marina nel frattempo deceduto, che probabilmente ha cresciuto il figlio con ideali diversi da quelli delle odierne forze armate del proprio paese (e nel finale dice la sua). «Quello che è accaduto – afferma l’autore - non era colpa di poche mele marce. E’ il frutto di una politica sistematica». Prova (ulteriore) ne è il fatto che le carceri in questione erano state visitate dai più alti gradi dell’esercito e dell’amministrazione, che infatti viene passata in rassegna. Dal presidente Bush (il concetto di dignità umana nella Convenzione di Ginevra “è molto vago, cosa vuol dire?” sostiene lui) fino all’ex Ministro della difesa Alberto Gonzales, sostituito il 17 Settembre scorso proprio perchè sospettato di aver compiuto abusi d'ufficio e mentito al Congresso.

Musica grave e profonda, belle e brevi istantanee della realtà contadina afgana, “taxi to the dark side” - Miglior documentario al Festival di Tribeca - è una ricerca a tutto campo, fatta soprattutto di interviste: parenti e conoscenti di Dilawar, militari - sotto processo – impiegati nelle basi incriminate, esperti legali, giornalisti, ex-detenuti e loro avvocati. Corredate di estratti di sedute d’inchiesta, conferenze stampa, dichiarazioni, ricostruzioni delle tecniche di tortura, fotografie e filmati tristemente noti e sadici sugli abusi, quelli da cui sono partiti lo scandalo maggiore e le relative indagini.

La frase: "Noi non torturiamo. George W. Bush".

Federico Raponi

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