Summer
Ricordi di un’estate, già quel "Stand by me" diretto da Rob Reiner (e tratto dal romanzo di Stephen King), col compianto River Phoenix, non è stato solo un semplice film, ha rappresentato molto di più. È diventato negli anni di culto, materiale di riflessione, introspezione pedagogica, rituale di studio nelle scuole.
Quell’atmosfera di "amarcord adolescenziale" ora cerca di (ri)crearla anche il regista scozzese Kenneth Glenaan (il suo Yasmin di qualche anno fa fu ben accolto), e a vederne il lavoro finale, il risultato non appare per nulla banale, ne d’imitazione.
Già perché il film, tra flashback nei flashback, salti temporali tra passati e presenti, decide di scandagliare nuovi orizzonti, per certi versi più seri.
Un uomo, ribelle innamorato ieri, ai margini oggi, fa i conti con le memorie di un tempo e con le difficoltà di tutti i giorni: l’amore non c’è più, il suo amico fraterno è su una sedia a rotelle e sta per morire, il futuro è incerto, la vita riserva solo amarezze.
Per (ri)trovarsi, decide di rintracciare l’amata Katy (diventata oggi rispettata avvocato), e con lei riassaporare i tuffi nel laghetto, i baci rubati, l’amicizia mai sopita, la libertà di una volta.
Le tematiche affrontate dal regista, per altro ampiamente già viste nel cinema degli ultimi anni, appaiono però utili, anche per scoprire nuovi talenti e per avere conferma di altri.
Robert Carlyle, per esempio, che come di consueto, si adatta al ruolo e sa essere fortemente comunicativo ed essenziale quanto basta.
Non a caso le sue interpretazioni (anche quelle talvolta meno "leggere"), da Trainspotting a Full Monty, da La canzone di Carla a Le ceneri di Angela, non sono mai passate inosservate, tanto meno in questa.
Ma se il film funziona è anche grazie ad un cast collettivo, affiatato, fresco, che ben si amalgama alla storia, e che ha il merito, senza presunzione recitativa, di non voler puntare a tutti i costi alla commozione prevedibile.
Qualche difetto certo si intravede, anzi si "sente": una colonna sonora, utilizzata in maniera quasi morbosa, che sarebbe potuta essere accantonata a discapito di silenziosi dialoghi o di paesaggi mozzafiato, di gran lunga maggiormente apprezzati.
Ma certo non è questo aspetto a svalorizzare l’opera di Glenaan, bella presa di coscienza, andata e ritorno di sentimenti – tormenti, una pellicola che, all’ultimo Festival del Cinema di Roma, poteva benissimo essere inserita nella selezione ufficiale, in gara per i premi più ambiti.
Proprio quando tutto sembra sfuggirci, ricercare l’affetto di casa, a volte sembra essere la via più giusta per poterci "salvare".

La frase: "Quel periodo è stata la più bella estate della mia vita".

Andrea Giordano

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