08 Febbraio 2006 - Conferenza Stampa
"La contessa bianca"
Intervista al regista e agli attori.
di Diego Altobelli


Ci sono state un paio di cose che hanno colpito, silenziosamente, le persone in sala durante la conferenza… Innanzitutto James Ivory, con il suo atteggiamento spocchioso e "britannico", pur essendo nato nel cuore della California; poi Natasha Richardson, che sembrava imbarazzata e quasi fuori posto (non ce ne voglia, è solo che sembrava chiedersi: "Che ci sto a fare qui?"…); e infine l'incredibile malinconia espressa dalle brevi quanto commosse risposte di Vanessa Redgrave…

Qual è stata la genesi di questo progetto?
James Ivory: La storia è nata in maniera strana. All'epoca di "Quel che resta del giorno" proposi allo sceneggiatore Kazuo Ishiguro "Diario di un vecchio pazzo"… Inizialmente il film doveva svilupparsi su due ambientazioni molto lontane tra loro: Shangai e Boston, ma a dire il vero la sceneggiatura non decollava e, dopo un periodo "fermo", Ishiguro ci propose la sua idea a più riprese: ci vollero otto stesure, ma alla fine il lavoro ci interessò davvero. …Inoltre per me fu una cosa nuova e intrigante perché non ero mai stato in Cina… Comunque c'è un'idea comune tra il diario del vecchio matto e la sceneggiatura de "La contessa bianca": la ricerca della perfezione, che nel film è manifesta attraverso la realizzazione del night club. …Sarà stato anche il tema della seconda guerra mondiale, ma mi sono sentito molto a mio agio…

Quali sono le cose scritte da Ishiguro che l'hanno attirata, e quali sono state le difficoltà nell'affrontare questo periodo storico? E' possibile un parallelismo tra il suo film e "Casablanca"?
James Ivory: Se c'è qualcuno che forse è stato influenzato da "Casablanca" quello è Ishiguro, probabilmente anche per la sua giovane età… Ho letto molte riviste e recensioni che riconducevano il film "Casablanca" al mio: se c'è stato un omaggio, non è stato intenzionale. Per quanto riguarda Ishiguro: l'elemento comune dei suoi scritti è la presenza di un protagonista mezzo matto, eroe, ma inconsapevole… elemento che a me piace molto.

Traspare dal film un certo aspetto melò nella cecità del protagonista, cosa sarebbe cambiato se il protagonista non fosse stato cieco?
James Ivory: Sarebbe stato un film più veloce… (ride) In realtà l'idea della cecità ci venne da Ralph Fiennes cui sembrava che mancasse qualcosa nella figura del protagonista… Io tornai a New York e lì incontrai un mio vecchio amico scrittore, ma non vedente… pensai che poteva essere l'idea giusta. Piacque anche a Ishiguro e a Fiennes, così fu accettata.

Natasha Richardson, secondo lei che cosa ha perso la donna contemporanea rispetto alle donne rappresentate dal suo personaggio?
Natasha Richardson: Domanda difficile… Per quanto riguarda il mio ruolo: ho sentito una grande empatia con questo personaggio… è davvero difficile trovare grandi parti per le attrici di oggi… spero di aver risposto alla domanda… (ride)

Come si è trovata a recitare con sua madre?
Natasha Richardson: Lavorare con mia madre è stato un privilegio, vederla lavorare mi ha commosso e sostenuto. Condividere con lei tanti momenti è stato meraviglioso… Per me difficile è stato interpretare un personaggio russo: ho dovuto fare ricerche approfondite culturali…

Vanessa Redgrave, cosa c'è di attuale in questa storia?
Vanessa Redgrave: Come il personaggio principale tante persone non hanno voluto vedere la tragedia della guerra, tra queste c'era anche mia madre… Conosco tante donne che hanno perso tutto, ogni cosa, questa storia è molto vicino a tutto questo… Io l'ho avvertito molto, anche a me è successo di perdere tanto a causa della guerra.

Come si è trovata a vestire i panni di una principessa russa che ha perso tutto?
Vanessa Redgrave: Per me è stato un grande regalo. Io non ho mai aspirato a lunghe interpretazioni, per me non ha importanza il minutaggio… la vita fa passare tutto… Anche il personaggio interpretato da mia figlia mi ha colpito molto: mi ha ricordato la mia storia.

James Ivory, lei ha dimostrato che con i film culturali si può guadagnare molto. E' più facile oggi o negli anni '80, ai tempi di "Camera con vista"?
James Ivory: Quello fu un incidente… (ride) In realtà nessuno capisce perché un film ha successo o meno… La speranza è quella di fare bene, con la stessa passione e lo stesso impegno, ma alla fine è un caso…

C'è una Shangai oggi?
James Ivory: Credo che qualsiasi città del vicino oriente corra il rischio di essere un'altra Shangai…

Ricollegandoci al discorso iniziale: se Ivory può aver dato quella sensazione a causa di una certa autorità espressa dal suo essere regista, e se l'introversione della Richardson è da imputarsi più semplicemente a una natura più riservata del suo carattere, sulla Redgrave non ci sbagliamo: le sue risposte di natura più intima hanno colpito perché inattese e hanno colto tutti quanti in sala un po' in contropiede. A parte ciò comunque la conferenza stampa ha manifestato l'impegno e la natura autoritaria di un film come "La contessa bianca": pellicola esperta, come il regista; elegante, come la protagonista; e malinconica come la sua coprotagonista. James Ivory, espresso in tutta la sua complessità.

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