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09 Novembre 2004 - Conferenza stampa
"Raul Bova"
Intervista al protagonista di Alien vs. Predator
di Valerio Salvi
Beh, ormai le tue esperienze spaziano molto dal cinema italiano, a quello americano attraverso la TV ed ora anche alla radio. Cosa ti ha appassionato di più?
In radio in effetti è stata un'esperienza nuova e molto particolare, assolutamente non paragonabile al resto. Per recitare attraverso un mezzo che ti consente di esprimerti soltanto con la voce, occorre grande concentrazione ed intensità. Un impegno che ti assorbe molto, ma che da grande soddisfazione.
Come vedi il tuo "futuro americano"?
Essenzialmente sono arrivato ad una considerazione: voglio vivere qui in Italia e lavorare qui, anche se c'è un innegabile fascino nel mercato internazionale. Lavorare in America non lo escludo, anzi mi tengo pronto nel caso mi dovessero richiamare, ma voglio restare a vivere qui. Non puoi fare affidamento su una carriera ad Hollywood con due soli film alle spalle. Dopo questo film [Alien vs. Predator] ho finito un film indipendente italiano: La fiamma sul ghiaccio, per la cronaca l'ultimo che ha usufruito dei fondi statali per il cinema.
Chi vedi in America come attore di riferimento?
Mi piace molto Tom Cruise, perché ha saputo superare i suoi limiti e sfuggire alle classificazioni del classico "bello" hollywooddiano, come a suo modo ha fatto anche Brad Pitt, ma Cruise ha saputo anche esplorare altri lati del mondo del cinema, come la produzione. Si, lui mi sembra un po' sopra agli altri.
Questo tuo "sbarco in America" è stato aiutato dall'essere testimonial di GAP, una delle linee di abbigliamento più famose?
Sicuramente si. Quando sono a Los Angeles mi dicono ancora: "ma tu sei il ragazzo di Gap?" Io continuo a dire che non sono un commesso, ma un attore.
In ogni caso il mio tentativo di lavorare in America all'inizio si era rivelato disastroso. È stato uno dei momenti più oscuri della mia carriera. Mi dicevano meglio se torni con un film che ha vinto l'Oscar o magari una nomination. Io ho tenuto duro mi sono iscritto a corsi di inglese e per la recitazione nei provini - un mondo a parte - ed alla fine ho avuto ragione.
La disciplina sportiva in questo ti ha aiutato?
Sicuramente. Il senso del sacrificio e la voglia di raggiungere un traguardo, ma sopratutto il saper accettare le proprie sconfitte per costruirci sopra qualcosa di più duraturo. Quando avevo ancora sedici anni mancai la gara più importante della mia carriera, la qualificazione ai giochi olimpici. Ci avevo lavorato per anni e tutti mi ci avevano fatto credere dicendomi sempre che ero il più forte. Sbagliai per un'inezia, ma non mi qualificai, arrivai ultimo. Da li ho capito che non conta quello che ti dicono gli altri, tutti possono abbandonarti da un giorno all'altro, conta quello che hai dentro.
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