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17 Novembre 2005 - Conferenza stampa
"Habana Blues"
Intervista ai protagonisti ed al regista.
di Mauro Corso
All'incontro con la stampa per Habana Blues sono presenti oltre al regista Benito Zambrano, gli attori Alberto Joel e Roberto Sanmartin. Sono molto disponibili e gentili a rispondere alle domande sul film e sul loro paese, Cuba.
Cosa vuol dire essere un artista ed un abitante di Cuba?
Alberto Joel: Credo che questo film sia molto vicino alla realtà di Cuba al giorno d'oggi. È proprio come nel film, alcuni vogliono restare, altri vogliono andarsene ed altri ancora vogliono cambiare molte cose. Dal punto di vista sociale e politico è un paese pieno di contraddizioni, e questo porta anche ad eccessi anche nella realtà quotidiana. Ma ad esempio quando poco tempo fa mi sono trovato in Inghilterra a girare un film, ho avuto molta nostalgia per il mio paese, perché assieme alle contraddizioni c'è anche molta felicità, molta allegria. Quindi è complicato essere cubani, soprattutto per l'aspetto politico. Quando sei in viaggio, solo per il fatto di essere cubano ti chiedono se sei a favore di Castro, o a favore dei cubani di Miami, e questo segna molto la gioventù cubana. Comunque io sono orgoglioso di essere cubano, e spero che se in futuro ci saranno dei cambiamenti questi non rovinino la gente che abita a Cuba.
Anche se non esplicitamente, Habana Blues è un film politico. Comunque vengono mostrati aspetti della vita di Cuba interpretabili da un punto di vista politico e sociale.
Alberto Joel: Il film è politico come è politica la realtà cubana, nel senso che è impossibile fare un film su Cuba senza cadere nella politica. Ma il film non vuole dimostrare nessuna tesi, la conclusione la deve trarre lo spettatore, è un po' come guardare una fotografia.
Benito Zambrano: Tutto quello che si fa a Cuba è sempre politico. Se metti una macchina da presa per la strada e metti il girato sullo schermo, tutti poi ti diranno che avevi delle intenzioni politiche. In ogni espressione artistica, gli spettatori cubano cercano sempre intenti politici, è un paese molto politicizzato. Se te ne vuoi andare da Cuba, questo diventa un problema politico. Quando faccio un film penso che se un personaggio si trova in una situazione critica e deve decidere se andarsene o rimanere, questo problema individuale diventa politico. Perché è il tema più politicizzato, perché da quando trionfa la rivoluzione a seguito dell'embargo e del raffreddamento dei rapporti con gli Stati Uniti, chi se ne andava automaticamente passava dalla parte del nemico, diventando il traditore, il verme. E questo è un problema che è rimasto, così quando un Cubano si trova al di fuori del proprio paese gli viene chiesto se tornerà e di motivare la propria risposta. Il problema dei cubani più concreti sono sopravvivere, mangiare e questo è un problema politico perché l'economia appartiene allo Stato. Se esci dall'economia ufficiale ed entri nel mercato nero, anche questo diventa un problema politico. Ma in realtà l'embargo è fondamentalmente un problema di sussistenza. Esattamente come avveniva dopo la guerra in Spagna o in Italia.
Il film sarà mai proposto a Cuba? Ha avuto problemi di censura?
Alberto Joel: Il film non è stato censurato esplicitamente, viene censurato perché semplicemente non ne viene riconosciuta l'esistenza. Non viene riconosciuto come un film cubano, ma come un film realizzato da uno straniero. Speriamo che chi deve prendere la decisione di far uscire questo film nelle sale si renda conto che Habana Blues è un canto alla libertà, ma senza essere una provocazione, come se fosse la critica bonaria che un figlio rivolge al padre, fatta con molto amore.
Benito Zambrano: Non credo che uscirà nelle sale, né se uscirà a Cuba come dovrebbe. Hanno 10 copie e sono proprietari della pellicola a Cuba e ne possono fare quello che vogliono. Io vorrei che la pellicola fosse vista dal maggior numero di persone, ma non so quello che succederà. Quello che vi posso dire è che all'Havana l'hanno vista quasi tutti in copie pirate, perché gira nei videoclub clandestini. Il film poi è passata in copia pirata a Miami. Critici statunitensi hanno parlato del film dopo averlo visto in copia pirata.
Ci sono state delle reazioni al film da parte del governo cubano?
Benito Zambrano: A Cuba non c'è un portavoce ufficiale che ti comunichi l'opinione ufficiale. Quando c'è un tema spinoso nessuno prende una posizione ufficiale, positiva o negativa, perché chi potrebbe prenderla teme che gli si tagli la testa. Quindi non ci sono comunicati ufficiali. Non so cosa pensano, so solo che molti hanno visto il film e che è piaciuto. Quando andremo al festival del cinema ad Havana, vedremo che succede.
Vi siete preparati per il film o eravate già musicisti?
Roberto Sanmartin: No, io non sono assolutamente musicista, sono solo attore, e prima della riprese ho avuto una preparazione di un mese, ma dopo molte ore di pratica alla fine delle riprese avevo imparato a suonare un poco il sassofono.
Alberto Joel: Io invece sono un musicista, ho iniziato a 17 anni come modello, poi sono passato alla musica, e di lì a poco sono diventato attore. Ma la musica è importante nella mia vita tanto quanto la recitazione. È qualcosa che ho dentro e che grazie a questo film è anche rinata in me. Ho realizzato un disco in Inghilterra. Uscirà a fine gennaio 2006. Ma la voce non è la nostra, perché il produttore ha preferito usare musicisti professionisti. Anche se prima dell'inizio delle riprese eravamo molto preparati.
Lei voleva realizzare un film lontano dai cliché con cui Cuba viene comunemente mostrata, di quali cliché si tratta?
Benito Zambrano: Principalmente la musica, non volevo la solita salsa, e non volevo che il protagonista fosse uno spagnolo o un'italiano che va a Cuba, ha una storia d'amore meravogliosa e si rapporta all'isola in questo modo. Anche se all'inizio vengono mostrati elementi caratteristici di questa visione classica di Cuba, poi cerco di discostarmi rapidamente.
C'è una scena del film in cui i musicisti devono parlare male di Cuba per motivi contrattuali, si tratta di un altro cliché?
Benito Zambrano: Questo è quello che dicevo sul passare dall'altra parte della barricata. Se tu passi dalla mia parte, io ti uso dal punto di vista propagandistico, per dire che a Cuba si sta male e che la gente vuole scappare. Allo stesso modo gli intellettuali e la gente di sinistra, che in un momento particolare hanno appoggiato la rivoluzione sono stati usati da Cuba. Tutti usano tutti. Quindi se un artista cubano esce dal paese viene subito considerato un dissidente, e viene considerato bene al di fuori, come un traditore a Cuba. E negli Stati Uniti la situazione è peggiore, perché ti costringono a prendere una posizione. Se sei un personaggio importante. Se ad esempio sei un meccanico, puoi tenere nascosta la tua opinione: la cosa non importa a nessuno.
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