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30 Marzo 2009 - Conferenza
"Gli amici del bar Margherita"
Intervista al regista e al cast.
di Francesco Lomuscio
In occasione dell'uscita cinematografica de "Gli amici del bar Margherita", il regista Pupi Avati ha incontrato a Roma la stampa affiancato dal cast.
Il personaggio di Taddeo è un po' la riproduzione della sua gioventù?
Pupi Avati: In un certo senso sì, tanto è vero che io non riuscii a diventare uno del bar Margherita nel senso pieno del termine e nel film ciò viene anche detto, perché nel momento in cui potrei diventarlo io mi allontano ed esco dalla foto, vado vicino al fotografo; quindi, mi sembra sia esplicita l'allusione a quello che è stato poi il mio percorso anche professionale, nel senso che quei dodici o tredici passi che fa "coso" uscendo dalla foto corrispondono a 352 kilometri che separano Bologna da Roma. E mi sembrava corretto raccontarmi anche attraverso quelli che erano gli aspetti meno esaltanti: il fatto che lui, pur di conquistare la ragazzetta di cui è follemente innamorato, porti avanti la festa malgrado un decesso in famiglia è un episodio che non mi riguarda, in quanto non è nella mia autobiografia, ma potrebbe benissimo esserci, perché io mi sarei comportato esattamente così. Quindi, c'è una certa dose di cinismo, ma anche di gioiosità.
Degli Anni Cinquanta, cosa hanno immaginato gli attori più giovani del cast?
Laura Chiatti: Sicuramente ho osservato attraverso questo film una realtà che, chiaramente, ho vissuto in maniera indiretta tramite i racconti dei miei nonni. Comunque, il cinismo era in realtà presente all'epoca.
Neri Marcorè: Essendo nato nel 1982, io faccio fatica a ricordare quel periodo lì, ma i miei bisnonni hanno vissuto gli Anni Cinquanta (ride). Io penso che si veniva da un'esperienza talmente tragica e drammatica come la guerra che, forse, la voglia di lasciarsela alle spalle poteva portare anche a degenerazione o situazioni off limits.
Luisa Ranieri: Non avrei altro da aggiungere, anche mia madre è degli Anni Cinquanta.
Fabio De Luigi: Mi riconosco completamente nelle posizioni appena espresse (ride).
Pierpaolo Zizzi: Quello che mi è stato raccontato dai miei genitori e dai miei nonni era questo spirito ludico ed estremamente brutto, tanto che c'era voglia di ridere, fondamentalmente questa esperienza l'ho vissuta così. Credo che quel periodo e questo non siano paragonabili, perché dal punto di vista storico e sociale sono cambiate tante cose e non possono mettersi più a paragone l'un l'altro.
Il raccontarsi di Avati non è mai fine a sé stesso, perché nei film si legge anche una certa storia d'Italia…
Pupi Avati: Il 99,9% dei film italiani attuali si occupano soltanto del presente, noi siamo gli ultimi rimasti a raccontare anche il passato con uno sguardo del presente. Ed è lo sguardo che determina l'esistenza dei luoghi e delle cose. L'elemento centrale che motiva questo film è la differenza sostanziale dello sguardo della società nei riguardi dei giovani in quegli anni rispetto a quello che sarebbe accaduto meno di una decina di anni dopo, quando i giovani sono diventati gli interlocutori essenziali di qualunque tipo di interlocuzione, da quella politica a quella soprattutto commerciale.
Nel film, lo sguardo sulle donne è un po' un mix di fascinazione e misoginia…
Pupi Avati: Sono d'accordo, è indubbio, perché questa è una società dei maschi che guarda le donne, una società che vede in loro l'elemento di perturbazione; una delle regole del bar Margherita prevede che non vi si portino sorelle, madri, fidanzate e amanti.
Oggi si pensa sempre più che fare i film in costume qui in Italia sia un rischio…
Pupi Avati: E' verissimo, perché non sono solo complicati e costosi da fare, ma producono una sorta di diffidenza nei riguardi del mercato da parte degli esercenti, perché i ragazzi di oggi non vogliono avere alcun tipo di rapporto con il passato. La televisione, invece, che conta il paese reale, le fiction in costume le fa, certe volte bene ed altre meno bene.
Quanto si è divertito Luigi Lo Cascio a costruire il suo personaggio?
Luigi Lo Cascio: Mi sono divertito molto, soprattutto durante le scene corali, perché nell'attesa di girare si riproduceva la stessa situazione del bar, era tutto uno scherzare ed avevamo anche persone che lavoravano nel film che venivano a farci degli spettacolini. Manuelo è un uomo che ha poche cose a cuore, ma le pratica con molta passione, poi la scena del night ha rappresentato il giorno più bello della mia vita.
Katia Ricciarelli di nuovo al servizio di Avati, che la scoprì come attrice cinematografica…
Katia Ricciarelli: Io mi sono sentita sempre come un'allieva con il suo maestro, perché senza di lui non sarei arrivata a un buon livello, quindi non mi resta che ringraziarlo e ringraziare anche i colleghi avuti ne "La seconda notte di nozze".
Gianni Cavina e Claudio Botosso tornano invece dopo tempo a lavorare con Avati…
Gianni Cavina: Oggi mi sento un po' fuori, un po' come Franceschini in politica (ride). No, sto giocando, il rapporto con Pupi è straordinario, è una vita che mi fa fare dei personaggi e questa volta mi ha totalmente gratificato, perché questo nonno l'ho adorato. Devo ringraziare soprattutto Antonio (Avati, nda), perché Pupi forse aveva il dubbio di farmelo fare o meno.
Pupi Avati: In realtà avevamo pensato ad un altro attore, di cui non faccio il nome, che però ha rifiutato il ruolo. Fortunatamente, attraverso il trucco, Gianni sembra anziano pur non avendo novant'anni.
Diego Abatantuono: In realtà è ancora truccato da nonno (ride).
Gianni Cavina: Sono tre mesi che vado avanti così con Diego, a tutti quelli che incontra dice questa battutaccia (ride).
Diego Abatantuono: Quando arrivava la mattina sul set gli dicevo che era già truccato, poi la sera, quando andava via, gli chiedevo perché andava via con il trucco (ride).
Claudio Botosso: Io sono tornato a lavorare con Pupi dopo circa vent'anni, è stato un bel ritorno, mi ha detto: "I ruoli sono molti, i più belli li ho già dati, vedi se ti piace questo" (ride). Il finale del film mi ha molto toccato, mi ha fatto ripensare un po' a "I vitelloni".
La colonna sonora abbiamo visto che è firmata da Lucio Dalla…
Pupi Avati: Come molti di voi sapranno, il mio musicista storico è Riz Ortolani, con il quale collaboro dal 1980; in questa circostanza, però, la situazione sonora era così peculiare, così particolare e collegata a quei luoghi e a quel tempo che ho chiesto a Lucio, il quale ha immediatamente aderito con un entusiasmo che non sospettavo. C'è poi questa bellissima dichiarazione d'amore alla Bologna notturna nei titoli di coda, il cui testo è stato scritto dal fratello di Bob Messini, uno degli attori presenti nel film.
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