a cura di Angelo Collu

Galline in fuga

Dietro le quinte
Immaginare ciò che avviene dietro le quinte di un lungometraggio come Chicken run è un esercizio di grande impegno anche per coloro i quali sono decisamente inclini all'uso dell'immaginazione. Ai realizzatori tuttavia, prima ancora della fantasia che è il dato che emerge a prima vista, è la pazienza che non deve mancare perché possano portare a compimento un film intero con la tecnica della stop motion animation, cioè modificando la posizione dei personaggi e degli oggetti di plastilina ad ogni fotogramma. Il tempo che nella lavorazione di un film tradizionale viene impiegato per girare una sequenza, in un'animazione come Chicken run basta appena per qualche decina di fotogrammi. Per la realizzazione dell'inquadratura più lunga del film, quella in cui la gallina ginger attraversa l'intero pollaio fra i polli intenti alle loro faccende, ci sono voluti sette giorni per la preparazione del set e 23 gorni per le riprese.

E' facile prevedere che all'uscita del film verranno ampiamente diffuse le notizie più sensazionali intorno alla sua lavorazione, corredate da numeri, percentuali, metri, centimetri e litri, ai quali non si potrà far altro che annuire a bocca aperta. Mentre tutti attendono la rivelazione delle cose ultime dell'universo della plastilina di casa Aardman, qualcosa di quanto è avvenuto negli studi di Bristol è trapelato, e così, in anticipo sui tempi, è già possibile avere un'idea del curioso approccio alla creazione che Lord, Park e compagnia hanno dimostrato in Chicken run. La gita nello Yorkshire e la diuturna frequentazione dei pennuti da cortile nel tentativo di aderire il più possibile al loro universo, per quanto curioso, non è che una delle facce di una produzione così complessa. Altrettanto interessante è infatti il versante del doppiaggio e dei referenti reali cui i protagonisti di plastilina si rifanno.

La scelta di dare a Rocky, il gallo del Rhode Island, la voce di Mel Gibson, è avvenuta a dispetto delle innegabili differenze tra la figura dell'attore australiano e lo strampalato gallo della fiction. Questo scarto era evidentissimo, sostengono i realizzatori, ma la voce è la voce, e quella di Mel Gibson, per quanto possa suonare strano, era proprio adatta a Rocky. Quanto alla fisionomia ed alle movenze di quest'ultimo, i modelli sono stati due: il John Travolta di Saturday Night Fever ed il Fonzie di Happy Days. Si è cercato insomma qualcuno, sostengono i realizzatori, non così macho come pretenderebbe di essere, anche se non è chiaro se in questa categoria vada incluso anche Mel Gibson. Miranda Richardson dà invece la voce a Mrs Tweedy, la terribile fattoressa-aguzzina che minaccia il quieto vivere delle povere galline. In questo caso, forse, non è il caso di domandarsi il perchè della scelta. Il modello al quale il personaggio di Mrs Tweedy si ispira dovrebbe essere anch'esso piuttosto chiaro, e sottolineato, per chi proprio non riuscisse ad intuirlo, dagli stivaloni neri che porta perennemente ai piedi e dal passo dell'oca con il quale passa in rassegna il pollame recluso.
Non si sa nulla invece del modello cui ci si è ispirati per il personaggio di Ginger, la gallina protagonista. La voce di Ginger è quella di Julia Sawalha, che per due anni, regolarmente, si è chiusa dentro un gabbiotto nella sala di registrazione, per doppiare l'eroina del film. In questi due anni ha sempre lavorato da sola, e non ha quasi mai incontrato, se non raramente e per caso, gli altri doppiatori. Mel Gibson è stato a lungo impegnato in Canada per cui le sedute per il doppiaggio venivano fatte addirittura via telefono, con l'attore che recitava le battute in qualche posto vicino a Vancouver, ed il regista che lo ascoltava e lo dirigeva dall'Europa. Gli altri doppiatori, però, stavano in Europa, anzi proprio in Inghilterra, e frequentavano per il doppiaggio gli stessi studi di Bristol nei quali si recava quasi ogni giorno la Salewa. La scelta dei realizzatori è stata dunque quella di far lavorare i doppiatori ciascuno per proprio conto. La Salewa descrive le sessioni di doppiaggio come delle vere e proprie maratone, nelle quali doveva ripetere per decine di volte le stesse battute. Ha dovuto attendere la fine della fase di post-produzione per poter vedere il risultato delle sue fatiche, per vedere la voce applicata al personaggio della finzione e per potere sentire finalmente altre voci dialogare con la sua. Voci di doppiatori che magari non aveva incontrato mai.


  

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