Donnie Darko: Limited edition 3 blu-ray

Donnie Darko: Limited edition 3 blu-ray

Il surreale manifesto generazionale di Richard Kelly


di Francesco Lomuscio15 novembre 201910:43



Quando fu realizzato, in quel fatidico 2001 tristemente segnato dall’attentato terroristico ai danni delle Twin Towers, venne quasi del tutto ignorato dal pubblico; per poi, però, trasformarsi in un vero e proprio cult movie in seguito alla proiezione sugli schermi del Sundance Film Festival e al passaparola positivo, tanto da finire per essere classificato tra i cento film più belli della storia della Settima arte.
Diretto dall’allora esordiente Richard Kelly e annunciato, a suo tempo, come pellicola dell’orrore ma appartenente, forse, più al filone fantascientifico, “Donnie Darko” rivive in una limited edition mediabook da collezione lanciata da Koch Media all’interno della propria collana Midnight Classics e contenente tre blu-ray, un blooklet di ventiquattro pagine e una cartolina da collezione.

Disco 1
Accompagnato da trailer, due diversi commenti audio e trenta minuti di scene eliminate, è quindi nel primo disco che troviamo il film, ambientato nell’Ottobre del 1988, alla vigilia delle elezioni presidenziali, e in cui un ottimo Jake Gyllenhaal veste i panni del giovane del titolo, miracolosamente salvatosi dopo che un misterioso reattore caduto dal cielo ha distrutto la sua stanza.
Giovane che assume pillole anti-psicosi e che, sofferente di frequenti allucinazioni, non solo s’innamora, ma comincia ad interessarsi ad un arcano testo riguardante la filosofia dei viaggi nel tempo ed entra in contatto con Frank, presenza soprannaturale dalle fattezze di uomo-coniglio, che lo avverte del fatto che il mondo terminerà ventotto giorni dopo.
Presenza che sembra rimandare all’”Harvey” diretto nel 1950 da Henry Koster e che, tra l’altro, viene resa protagonista di una inquietante sequenza all’interno di una sala cinematografica (una delle migliori dell’insieme), un po’ come John Landis fece nel 1981 con l’immaginario zombi di “Un lupo mannaro americano a Londra”.
Del resto, man mano che apprendiamo come Donnie – il quale ritiene inutile la ricerca di Dio se ognuno muore solo – preferisca “La casa” di Sam Raimi a “L’ultima tentazione di Cristo” di Martin Scorsese, risulta evidente in più di un’occasione l’intenzione di omaggiare la magia evocativa del cinema da parte di Kelly, che per mettere in piedi il tutto partì dal libro “The destructors” di Graham Greene, letto quando era ancora sui banchi di scuola e che gli ispirò ribellione nei confronti del repressivo sistema americano.
Il Kelly che, identificando nella distruzione una forma di creazione, in quanto, per poter attuare una rinascita, è necessario prima distruggere idealmente e materialmente, si pose tra i principali obiettivi quello di dimostrare che l’America non era affatto cambiata in sedici anni di storia, tanto da asserire: “Credo che la Prima Guerra del Golfo, sotto Bush padre, sia un qualcosa di simbolico. Il film è stato completato dopo le caotiche elezioni del 2000, prima, quindi, dell’11 Settembre, e doveva dare uno sguardo un po’ comico degli episodi recenti, per far capire che la storia si ripete e la gente fa sempre gli stessi errori”.


Disco 2
E, non a caso, al di là dei surreali elementi tirati in ballo, l’insieme non può fare a meno di apparire pesantemente legato alla realtà, con questo ribelle in una società a prima vista linda che, retta sulla linea della vita compresa tra i due punti che corrispondono a paura (energia negativa) e amore (energia positiva), gli pone come esempio da emulare soltanto il poco raccomandabile Jim Cunningham alias Patrick Swayze, predicatore che lancia messaggi morali nelle scuole e che si presenta bello e perfetto, proprio come spesso il sistema ci vuole far credere sia l’esistenza.
Un personaggio, a suo modo, grottesco, un po’ come l’insegnante dai comportamenti piuttosto strambi interpretata da Drew Barrymore (qui anche produttrice esecutiva), la quale va ad incrementare ulteriormente la curiosa fauna umana atta a popolare un elaborato infarcito sì di aspetti da horror adolescenziale (si pensi solo al tema della malattia mentale), ma che non può fare a meno di risultare inclassificabile all’interno di un solo genere preciso.
Inizialmente, infatti, con sequenze coreografate a tempo di musica pop e immagini velocizzate l’impressione è quella di trovarci dinanzi ad una teen comedy nostalgica volta a richiamare il decennio della videoclip generation, ma l’introduzione di inquietanti momenti scanditi da esecuzioni al piano comunica subito che l’intenzione della ora e cinquantaquattro di visione sia tutt’altro che quella di descrivere un roseo e spensierato universo giovanile post-reaganiano.
Ora e cinquantaquattro cui vanno ad aggiungersi circa venti minuti di materiale audiovisivo in più nella director’s cut che, presentata nel 2004 presso la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è proposta nel secondo disco di questa accattivante edizione home video. Venti minuti corredati di nuovi effetti visivi e colonna sonora rivoluzionata vantante l'aggiunta di alcuni brani e la ri-collocazione di altri nel corso del lungometraggio; oltre che presentanti variazioni nelle sequenze di apertura, momenti che approfondiscono i contenuti del testo di cui sopra e un differente montaggio per quanto riguarda i sogni ad occhi aperti di Darko.
Con sezione extra rappresentata da apposito trailer, commento audio del regista e di Kevin Smith e mezz’ora di documentario “Me l’hanno fatto fare parte 2”, comprendente interventi, tra gli altri, del critico cinematografico James King, dell’artista Boyd e di Colin Kennedy editore di Empire magazine.

Disco 3
Perché, della durata di soli cinque minuti, “Me l’hanno fatto fare parte 1” è incluso, invece, nel terzo disco, interamente dedicato a buona parte delle oltre quattro ore di contenuti speciali.
Contenuti che, al di là della galleria fotografica e di cinque spot televisivi, comprendono il video musicale della “Mad world” dei Tears for fears reinterpretata da Gary Jules, quattordici minuti di interviste, cinque di televendite “Cunning visions” con commento opzionabile di Kelly, sette di comparazione tra storyboard e girato, cinquantatre di diario di produzione, quattro di dietro le quinte, tredici di documentario di colui che vinse il contest per individuare il fan numero uno di “Donnie Darko” e ottantuno di ricco speciale “Deus ex machina: la filosofia di Donnie Darko”.
Contenuti che possono sicuramente aiutare lo spettatore a scovare significati più o meno nascosti di un affascinante manifesto generazionale d’inizio terzo millennio che, non privo neppure di un esilarante discorso relativo alla sessualità dei Puffi, si propone di far riflettere su non pochi temi che abbracciano principalmente la solitudine dei giovani odierni, totalmente trascurati dagli adulti.
Un manifesto generazionale che qualcuno ha associato ad un “film di John Hughes se fosse diretto da David Lynch” e che non si limita a ad inscenare il mondo attuale, bensì tenta principalmente di concretizzare gli elementi astratti che più di ogni altra cosa influenzano il cammino della vita (come, per esempio, la dimensione psicanalitica).
Un manifesto generazionale che non dimentica neanche la tanto chiacchierata seconda chance e che, nel parlare dell’ignoto e del tentativo di comprenderlo, si presta a numerose interpretazioni, come il regista stesso spiega: “Per quanto riguarda il significato del film, entrambi le versioni sono in realtà ambigue, però posso dire che la director’s cut è più incentrata sulla fantascienza, mentre la versione per le sale privilegia il lato esoterico. Credo che il lungo percorso attraversato dalla pellicola per arrivare al successo era scritto nel suo destino.
‘Donnie Darko’ è stato progettato proprio per essere sperimentato e visto più volte, e, forse, è questo fatto di doverlo rivedere che è piaciuto tanto ai giovani: è una sorta di puzzle che va analizzato in diversi tempi per essere messo insieme”.

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