24 Agosto 2006 - Intervista Esclusiva
"Come l'ombra"
Intervista alla regista.
di Federico Raponi
La regista Marina Spada sarà l'unica donna (e anche l'unica italiana) presente alle Giornate degli Autori di Venezia con il suo film Come l'ombra. Questa è l'intervista che abbiamo realizzato con lei.
Hai cominciato con la musica…
Si, ho fatto un sacco di cose, anche la "road girl" diciamo, negli anni '70 a Milano per la Cramps, un'etichetta gloriosa fondata da Giovanni Sassi, quella che pubblicava gli "Area". Sono stata in parecchie tournèe - occupandomi dell'organizzazione - con Eugenio Finardi e Alberto Camerini. Ho lavorato a Canale '97, la prima radio di sinistra in Italia, a Milano, mi sono laureata in Storia della Musica, ho scritto e fatto teatro. L'interesse per il cinema c'è sempre stato. Credo che sia il contenitore adatto a ficcare dentro tutto quello che uno ha fatto, nel senso che per farlo secondo me ci vogliono competenze orizzontali, non si butta via niente come il maiale, tutto quello che fai prima o dopo torna buono.
Il primo lungometraggio?
E' stata una storia secondo me gloriosa, rifarei quel film domani mattina. Ho lanciato un finanziamento su Internet, le quote di acquisto del film erano di 100 mila lire, e in questo modo abbiamo tirato su 67 milioni, perché abbiamo condiviso i contenuti, fatto riunioni pubbliche a Milano, nei centri sociali, ovunque. Ed è stata una cosa splendida, la troupe quando era ridotta sarà stata di 30 persone.
Come è nata quell'opera "dal basso"?
Mi hanno rifiutato i soldi del Ministero, e io invece di andare in depressione o dire che il mondo è cattivo, ho detto "me lo faccio comunque". Non precisamente io, ma Daniele Maggioni, fino a "pane e tulipani" il produttore di Silvio Soldini e attualmente il direttore della Scuola di Cinema di Milano dove insegno. Che è la persona più visionaria rispetto alla possibilità del cinema che io abbia mai conosciuto. Non a caso ha scritto per me anche questo secondo film, l'unico italiano all'interno delle Giornate degli Autori a Venezia. La mia opera prima è stata bistrattata e osteggiata in tutti i modi, per cui in qualche modo come l'ombra è la mia prima opera ad avere visibilità. Ma ci vuole sempre una dose di vera pazzia, ho fatto un mutuo in banca per realizzarla, dicendo che mi dovevo ristrutturare il bagno, sennò i soldi non me li davano di certo.
Uno dei problemi è quello della distribuzione…
Come sempre. Per forza cani ho detto un'altra volta: "me la faccio io", per cui il film ha girato in tutta Italia, nei centri sociali, e soprattutto è stato messo in libreria dalla Shake Edizioni Underground, casa editrice milanese storica, famosa, schieratissima ed ha venduto 6 mila copie. Ne sono felice perchè purtroppo il cinema italiano viene messo in cartellone il lunedì e tolto il giovedì. Se tu pensi che ogni videocassetta nel corso degli anni può essere vista da 5 persone, ci sono 30 mila persone che hanno visto questo film. Un gran successo.
E una distribuzione alternativa?
C'è la storia molto bella di un altro film fatto da un mio allievo, Stefano Ubino, di cui ho prodotto il primo film, perché io faccio anche il produttore, ad esempio di fuori vena di Tekla Taidelli, una mia ex allieva. Per il vangelo secondo precario lui ha lanciato, tra l'altro citando l'esperienza di forza cani, la stessa idea su rete dicendo: "dateci dei soldi se credete in questa cosa", li ha raccolti, lo ha realizzato e distribuito in tutte le sale ARCI d'Italia, ed è diventato un caso. Quindi questa chiaramente può essere un'alternativa. Sicuramente non fai soldi però è già tanto se in questo paese si fa del cinema, si fanno sempre meno film, per la Settimana della Critica di Venezia non è stata rintracciata un'opera prima. Un ragazzo di 25 anni che fa, chiede un mutuo in banca? Non glielo danno. Il problema è che non vengono assolutamente prese in considerazione idee altre, cioè viene tutto omologato.
Si può anticipare qualcosa di come l'ombra?
Beh, intanto posso dire che ha 200 inquadrature, quando un film medio è di mille, ci sono quindici pagine di dialogo per 87 minuti quando in media ce ne sono settanta. Protagonista è una ragazza sui 30 anni che fa una vita apparentemente bella, gratificante, ma in verità fruga in una solitudine assoluta e soprattutto spera sempre d'incontrare qualcosa o qualcuno che gli cambierà l'esistenza. E nel frattempo aspetta, non capendo che la tua vita te la salvi tu. Lei spera di riempire il suo vuoto con un amore, in verità lo riempie con un'altra persona, e poi succedono delle cose per cui la sua posizione rispetto alla vita sarà un'altra. Si tratta di quelle cose quotidiane che tu pensi non ti succedano mai, ma in verità succedono, e lì devi prendere una posizione. Lei lo fa.
Un film in continuità rispetto al precedente?
Secondo me sì, assolutamente. "A" perché parla di Milano, "B" perché non è consolatorio, "C" perché c'è la poesia, questa volta di Anna Akmatova, che è una grande poetessa russa morta all'inizio degli anni '60. Ha scritto prima, durante e dopo la Rivoluzione. Durante lo Stalinismo, come Pasternak è rimasta vicina al suo popolo, ha scelto di restare a vivere nel proprio paese.
Una passione, quella per la poesia?
Sì, a me sarebbe piaciuto fare il poeta, ma non ho né il fisico, né il talento.
Il basso budget?
E' un momentino da sfatare, per il semplice fatto che sì, il film è stato fatto con pochi soldi, ma le persone che l'hanno fatto sono in compartecipazione e soprattutto c'è un produttore di Roma che avrà la mia stima e riconoscenza in eterno perchè si è fatto carico di spendere un sacco di soldi per fare la colour correction, tutta la lavorazione su audio e pellicola. Non credo nei film fatti con 5 lire perché conosco profondamente i passaggi di questo lavoro, non è possibile. Cioè se lo fai, lo fai utilizzando gratuitamente il lavoro degli altri, che ti stan facendo un regalo. Ma quel lavoro ha un valore. In Italia siamo nella situazione in cui il lavoro intellettuale non viene pagato, mentre nel resto del mondo è il motore delle nazioni. Quando un paese non investe più sulla cultura e sui giovani, sulla scuola e sulla formazione, è finito. Siamo a un passo da questo.
Le nuove tecnologie?
Io credo che il mezzo di ripresa sia appunto un mezzo, qualsiasi esso sia. Dipende qual'è il contenuto, tanto per cominciare. Io mi sono trovata in vari dibattiti con signori importanti del cinema italiano che tuonavano dicendo che adesso tutti avrebbero girato film. Io invece sono assolutamente a favore, si chiama democratizzazione, diritto alla parola e all'immagine, come è stato negli anni '70 fare le radio libere. Poi è la capacità, il pubblico a fare la differenza. Credo che tutto questo nasca con il Dogma 95 di Lars Von Trier, che ha dato per la prima volta dignità di cinema alle riprese fatte in telecamera, perché fino a quel momento quelli erano "i video", i fratellini scemi del cinema. Ha aperto una grande trasformazione del cinema. Sicuramente senza il Dogma io non avrei mai pensato di poter fare un film, invece poi ne ho fatti due e probabilmente ne farò anche un terzo.
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