Festival di Cannes 2010

Cannes 2010/ Diario del giorno


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Il Diario da Cannes.
Il diario quotidiano dei nostri inviati con il resoconto di quanto accade al Festival, cinema ma non solo...



19.05.2010 - Tutto molto "interessante!"

E' sempre motivo di gioia ed entusiasmo svegliarsi la mattina dopo circa cinque e ore e mezza per andare a vedere un film coreano Chang-dong Lee di centoquaranta minuti. Quando poi, durante l'attesa che la proiezione inizi, si legge sul programma che la storia è quella di una nonna che scopre come il nipote adolescente abbia stuprato una ragazza che poi si è suicidata, davvero non si può stare più nella pelle. "Poetry" non si accontenta di questo. Parallelamente, e così potete anche capire il senso del titolo, la nonna in questione scopre anche il piacere della poesia, frequenta un corso e, pare, si riconcilia con la vita (e anche con la morte). Durante la visione, la nostra felicità cresce minuto dopo minuto, e alla fine siamo così eccitati che non ci accorgiamo che, mentre ci dirigiamo verso l'uscita, quegli acuti suoni provenienti da sotto i nostri piedi sono grida di lamento di persone che si sono lasciate così tanto coinvolgere dal film da averne voluto solo sentire le voci. Insomma, persone che hanno compiuto il più grande errore che si possa fare in sala durante un festival dai ritmi massacranti. Chiudere un attimo gli occhi sperando che possa bastare l'audio per capire, anche se il film è in coreano. L'esito è sempre lo stesso. Ci si addormenta profondamente seduta stante.
Con un sorriso stampato in volto per la fortuna di essere stati assegnati a recensire "Poetry" alle 8 e 30 dell'ottavo giorno di Cannes, ci dirigiamo in sala stampa dove ci sistemiamo con il nostro computer. Dopo un paio di tentativi falliti per accedere al wireless offerto dal festival, chiediamo aiuto all'addetto informatico che in un men che non si dica ci dimostra che il problema non era del sistema, ma di una nostra errata osservazione: la password da inserire infatti non è la parola "password" accompagnata da una cifra, ma solo la cifra che seguiva. Gli diciamo che effettivamente i giorni precedenti un errore del genere non lo avevamo fatto, ma lui continua con quell'espressione seria che sei sicuro diventerà grassa risata appena girato l'angolo quando parlerà con il suo collega francese di quel rimbambito di italiano che non sa neanche leggere. Per anticipare questa situazione gli riveliamo che abbiamo appena visto un film su una nonna coreana di due ore e venti e solo a quel punto, quasi illuminandosi, lui ci sorride e, appoggiandoci la mano sulla spalla, ci fa: - Ah, alors vous avez vu Poetry! Pardonnez-moi, alors Je comprend, vous êtes justifiés (Ah, avete visto Poetry! Perdonatemi, allora capisco, lei è giustificato).
Armati di Wireless e preso un caffè Nespresso tanto buono quanto "Poetry" era allegro, cominciamo a battere le dita sulla tastiera. C'è di che scrivere del diario e poi un paio di recensioni. Il pranzo lo consumiamo nell'antistante terrazza dei giornalisti, vedendo gente di vario tipo alla ricerca di biglietti per i film della serata. Nel pomeriggio saltiamo il film di Ken Loach per dedicarci al mega evento Rolling Stones. Dalle quattro siamo infatti in fila attorno all'hotel Stephanie per vedere il documentario "Exile of the Stones" sulla realizzazione dell'album Exile on Main street della più "grande rock'n'roll band del mondo". In verità del film non ci interessa molto, il fatto è che c'è Mick Jagger in platea e vogliamo vederlo. Riusciamo ad entrare quasi per il rotto della cuffia, ma va bene così, anche perché quando siamo in sala si libera una fila precedentemente riservata e ci sediamo nei posti migliori possibili. Mick Jagger sale sul palco, ringrazia il pubblico per essere venuto lì', spara due frasi in francese e poi scompare. Dopo un'ora, quando il film è finito, Jagger riappare e si presta alle domande del pubblico. Si tratta di venti minuti in cui la rockstar parla della rivalità con i Beatles "All'epoca non ce ne fregava nulla di loro. Non erano neanche una band che faceva concerti." ,"Per fare quell'album ci escludemmo dal resto del mondo" e "Sì, ci siamo drogati parecchio". Un classico.
Usciti provati dall'ora di fila, l'ora di film sugli Stones e la mezz'ora di orazione rollingstonaiana, ritorniamo in sala a finire due battute. Dalla terrazza dove stiamo scrivendo vediamo che dall'altra parte della strada, sempre su una terrazza, tanta gente in giacca e cravatta riempie continuamente piatti e bocche di qualcosa che dovrebbe essere cibo. Sicuramente c'è la celebrazione di qualcosa, un festival, una casa produttrice o un film. Sarebbe bello andarci e così, una volta aver finito di scrivere, scendiamo, attraversiamo la strada e, mentre cerchiamo tra i vari nomi dei citofoni quello che potrebbe portarci alla nostra cena, ci troviamo davanti un biondo capellone che si fa aprire la porta e sale le scale. Ci accodiamo a lui e, senza neanche dover bussare alla porta, veniamo accolti da una simpatica ragazza che ci chiede chi siamo e cosa vogliamo. "Siamo dei giornalisti che hanno visto il film. Domani abbiamo un'intervista, ci chiedevamo se potevamo passare con voi la serata". Quella che segue è una bella cena con dei belgi, chiacchierando delle qualità delle visioni del festival (bassa anche per loro) e scoprendo, ma giusto alla fine, anche il nome del film (sì, per fortuna era un film) che si sta festeggiando. Quando ci chiedono com'è, rispondiamo un condivisibile "interessante" che, nonostante sia un'unica parola, ha il pregio di avere diversi significati. Non è un comune "bello", parola che davvero non significa nulla in questo contesto, ma sottintende che dietro c'è stato un percorso di critica forse anche profondo da parte da chi lo pronuncia. Non è un complimento, ma neanche un commento negativo. Siccome però molti pensano che sia un modo carino per non dire che il film non è piaciuto, non ti vengono fatte altre domande per non metterti in imbarazzo. Insomma, ce la siamo cavata alla grande. Purtroppo il freddo è arrivato presto, a mezzanotte ci sentiamo pronti per essere fotografati e poi inseriti sul cartellone della Eldorado tra il Liuk e il Cuor di fragola. Il nostro collega con le chiavi della macchina ha un film fino all'una di notte. Dobbiamo aspettare per tornare a casa, e non abbiamo neanche più la forza per chiacchierare. Alle due siamo nei nostri letti. La sveglia è per le 7 e 30. Un nuovo giorno è dietro l'angolo, la speranza è che di sera si possa trovare almeno qualcosa di "interessante"!

di Andrea d'Addio

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