Festival di Cannes 2010

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Il Diario da Cannes.
Il diario quotidiano dei nostri inviati con il resoconto di quanto accade al Festival, cinema ma non solo...



17.05.2010 - Inarritu, Kiarostami e i film antipatici

Chi scrive, quando vide "Amores Perros" pensò che si trovava davanti ad uno dei più bravi giovani registi mondiali. Il messicano Inarritu, assieme allo sceneggiatore Arriaga, aveva scritto e diretto una storia bellissima di cani e rispettivi padroni, riuscendo al contempo a fotografare il Messico d'inizio millennio con una regia e fotografia potentissima. Quando arrivò "21 grammi" storcemmo un po' la bocca, dopo pochi minuti si capiva già tutto, e il resto era un lungo conto alla rovescia costruito per ricattare sentimentalmente lo spettatore. "Babel" se possibile, fece peggio, ci furono più storie e legami ancora più strampalati e furbamente lancinanti. Inarritu però aveva finora sempre dimostrato una bella regia. Su questo davvero nulla da dire. E così il primo film lontano dal fido Arriaga dava qualche speranza. E invece "Biutiful" è il suo peggiore lavoro. Javier Bardem è un uomo malato di cancro (senza speranze di guarigione) che, nell'ordine: non ha un lavoro, guadagna qualche soldo facendo da mediatore a cinesi che producono borse per il mercato del falso, ha due figli a carico, una moglie malata mentale che lo tradisce con il fratello cocainomane, un papà morto giovane mentre scappava in Messico per non sottostare a Franco e un amico africano arrestato dalla polizia che gli lascia una moglie e un bebè clandestini cui badare. E non è tutto. Vede anche la gente morta e compra un paio di stufe che causeranno la morte accidentale di una dozzina di amabili cinesi schiavizzati dal mercato nero del lavoro. Inarritu si accanisce così tanto sul suo protagonista che tanta gente alla fine ci casca, si sente in colpa per la propria fortuna di vivere in situazioni migliori, lacrima e automaticamente pensa che il film sia bello. E invece fa schifo. Per fortuna i colleghi che stimo la pensano tutti come me e non si fanno ingannare da una tecnica, quella di Inarritu, che nessuno mette in discussione, ci mancherebbe. Peccato che sia al servizio di una pessima sceneggiatura. In conferenza stampa Inarritu ha persino il coraggio di dire che non è un film cupo. Non c'è proprio limite alla presunzione.
Finito il film andiamo ad un incontro con Aishwarya Rai, attrice indiana che alcuni hanno nominato la ragazza più bella del mondo. Bah, non ci pare proprio, e basta passeggiare per Cannes per accorgersi di quanto il cinema abbia un pozzo infinito di fascini tra cui pescare, ognuno a suo modo perfetto. Nell'intervista la Rai ci racconta di come in India spesso si girino due volte le stesse scene di un film per andare incontro a tutti e due i pubblici indiani, quello hindi e quello tamil. Niente doppiaggio, si dicono due volte le stesse battute e, a seconda, della versione, si cambiano anche i costumi di scena. Gli indiani sono dei miti, alla faccia della globalizzazione.
Nel pomeriggio, dopo la conferenza di Inarritu e un hamburger cipolloso il cui odore da quel momento in poi ha anticipato il nostro prossimo ingresso in qualsiasi ambiente (-lo senti questo odore di cipolla? mi sa stanno arrivando quelli dell'hamburger), ci rechiamo a vedere il bruttino "Copia Conforme" di Abbas Kiarostami. Girato in Toscana, tra San Gimignano e Arezzo, il film è un lungo audiolibro che avremmo potuto ascoltare anche durante una tappa della milllemiglia. Due tizi giocano a fare il marito e moglie mentre discutono di tutto, dal ruolo dell'arte all'età che passa. Discorsi per chi ha la pancia piena. Se non abbiamo chiuso gli occhi è stato solo per ammirare l'infinito talento di Juliette Binoche. In una povertà assoluta di regia e sceneggiatura, la francese diventa un vero e proprio oggetto di studio.
Usciti provati dalla proiezione e scritto un mini articolo, alle dieci ci siamo diretti ad una festa organizzata dalle Giornate degli Autori di Venezia. Una decina di rustici per cena e un paio di bicchieri di vino ed eravamo cotti. E così tutti a nanna. Anche se la festa sembra bella, il deejay in gamba (e cioè non ama la musica elettronica e le sue derivazioni) e la compagnia è buona. E' già l'una, alle 2 saremo a letto. La sveglia è per le 7 e 15, alle 8 e 30 avremo un film su un gruppo di frati francesi in Algeria uccisi nel 1996 ad Atlas. Allegria.

di Andrea d'Addio

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