Solaris
Probabilmente il nuovo corso di Soderbergh prevede la sua trasformazione in una sorta di messia del cinema, o meglio del nuovo Kubrick. Dopo quell'abominio sperimentale che è stato "Full Frontal" (spacciatoci per un grande film d'avanguardia sperimentale) è la volta di "Solaris", remake dell'omonima pellicola di Tarkosky della quale mantiene il ritmo assolutamente statico. Un film già di per se difficile, considerando che prevede essenzialmente quattro soli personaggi chiusi in un ambiente a cavallo tra il claustrofobico e l'ospedaliero.
Definire questo come un film di fantascienza non è solo pretenzioso, ma criminale. Nonostante le due astronavi e l'ambientazione in un prossimo futuro, la sostanza non muta: in realtà si tratta di un viaggio nella psicologia umana, nel mondo del rimorso e del rimpianto.
La missione esplorativa partita alla volta del pianeta Solaris mostra sempre più evidenti segni di scompenso, gli scienziati si trovano in stato di alienazione e rifiutano ogni tentativo di rientro sulla Terra senza dare alcuna spiegazione. Il Dr. Chris Kelvin (George Clooney), un vecchio amico del capo missione, viene inviato sulla base "Solaris" sperando che possa risolvere la situazione, ma appena arrivato si trova di fronte ad una situazione ancora più deteriorata: il suo amico si è suicidato e gli altri due membri della missione Snow (Jeremy Davis / "The Million Dollar Hotel") e Helen (Viola Davis / Far from Heaven), fanno riferimento a strani fenomeni di cui non vogliono parlare.
Dopo la prima notte sulla base Chris trova nel suo alloggio la moglie Rheya (Natasha McElhone / "Ronin"), cosa di per se già strana, ma ancor più inquietante se consideriamo che è morta da un anno. Ecco il segreto: Solaris materializza i pensieri ed i desideri degli uomini.

La storia si sviluppa secondo temi psicologici ed analizza profondamente l'animo umano soprattutto ponendo una delle domande più ricorrenti: se potessi riformulare le mie scelte, mi comporterei diversamente? Peccato che comunque parta da un errore di fondo, ovvero la storia viene comunque rivista prendendo dei ricordi di parte, quelli di Chris, e resta quindi viziata dal suo modo di vedere. Inoltre già un altro film di fantascienza abbastanza atipico aveva sfruttato questo filone basato sulla psicologia, "Sfera". Ma la domanda che realmente si pone lo spettatore è: che bisogno c'era di un remake così simile al suo "genitore"? Probabilmente la voglia di proporre al pubblico americano, notoriamente refrattario alle pellicole estere (e questa era addirittura russa), la storia. La sensazione che resta è comunque quella di trovarsi di fronte alla dilatazione dei quindici minuti finali di "2001 odissea nello spazio" in cento minuti di pellicola, con dialoghi ridotti all'osso e musica "lounge" onnipresente. Si, Soderbergh è sicuramente bravo nel suo lavoro di regia e montaggio con sequenze perfette sottolineate dalle sue luci che delineano i singoli personaggi, ma non è altro che l'ennesimo esercizio di stile.

Curiosità: i versi che recita Clooney sono presi da una poesia di Dylan Thomas "And death shall have no dominion".

La frase: "Anche se gli amanti si perdono, l'amore resta."

Indicazioni:
Se cercate di seguire i tortuosi percorsi dell'animo umano..

Valerio Salvi

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