Seconda Primavera
Si comincia in inverno, con l’architetto cinquantenne Andrea Ricoli che, incarnato dal Claudio Botosso dell’avatiano “Gli amici del Bar Margherita” (2009) e in cerca di acquirenti per la sua villa in riva al mare, fa conoscenza con la quasi quarantenne anestetista Rosanna Salvago alias Anita Kravos, sposata con il commesso di negozio di scarpe prossimo al fallimento Riccardo Minisi, una decina d’anni più giovane di lei e che nutre ambizioni da scrittore.
Ed è l’Angelo Campolo di “20 sigarette” (2010) a concedere anima e corpo a quest’ultimo, il quale, durante una movimentata festa di San Silvestro, proprio grazie ad Andrea conosce la studentessa Hikma Bouchri, ovvero la Desirée Noferini di “Un gioco da ragazze” (2008), sorella del ristoratore tunisino Nabil, incarnato dall’Hedy Krissane regista di “Aspromonte” (2012).
Da qui, è nell’arco di sei stagioni che il messinese classe 1957 Francesco Calogero struttura la oltre ora e quaranta di visione che lo riporta dietro la macchina da presa a quindici anni da “Metronotte” (2000) e che, con Nino Frassica e Tiziana Lodato inclusi nel ricco cast, lo conduce a costruire un intreccio di personalità probabilmente influenzato dai lavori del compianto cineasta d’oltralpe Éric Rohmer.
Cineasta che, non a caso, curò il cosiddetto ciclo dei “Racconti delle quattro stagioni” costituito da “Racconto di primavera” (1990), “Racconto d’inverno” (1992), “Un ragazzo, tre ragazze” (1996) e “Racconto d’autunno” (1998), richiamato in questo caso dalla succitata scelta di suddivisione narrativa del lungometraggio, approdante, appunto, alla fase suggerita dal titolo.
Fase a cui si giunge soltanto dopo che, tra citazioni verbali per lo scrittore statunitense di fantascienza Philip K. Dick e prove di rappresentazioni teatrali, Hikma rimane incinta di Riccardo e viene ripudiata dal fratello, venendo di conseguenza ospitata da Andrea, al quale insegna a prendersi cura del giardino che circonda proprio l’abitazione al mare.
Ma la situazione viene ulteriormente complicata sia dal fatto che lei ricorda all’uomo la moglie Sofia, morta quattro anni addietro in circostanze oscure, sia dall’inconfessato sentimento – piuttosto vicino all’amore – che lui sviluppa nei suoi confronti.
Man mano che Riccardo non manca comunque di rimanere in agguato e che, in mezzo a coppie che si sfaldano, passati destinati a riemergere, tensioni che si acuiscono e lutto mai completamente elaborato da parte del protagonista, c’è anche il tempo di assistere ad un autentico, impressionante momento di parto in acqua.
Momento con ogni probabilità tirato in ballo per conferire una maggiore impronta di realismo all’insieme, ma di cui si poteva tranquillamente fare a meno e che, purtroppo, non rimane l’unico difetto del tutto.
Anche perché, sorvolando su non sempre convincenti prove sfoggiate dagli attori, l’evidente tentativo di spingere spesso sul pedale della poetica delle immagini non finisce altro che per rendere noioso e piuttosto confuso quello che, in fin dei conti, è un semplice plot di taglio sentimentale che non avrebbe affatto sfigurato in una qualsiasi soap opera.
La frase:
"Io credevo nell’amore eterno, quello dei poeti, quello che abbiamo per le persone che non ci appartengono più".
a cura di Francesco Lomuscio
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